Parliamoci chiaro: deve essere abbastanza frustrante fare tutto per benino, salvo poi ritrovarsi sempre al secondo posto.
I Thunder vincono un sacco di partite, ma a ovest sono dietro agli Spurs. Sono considerati fra le top contenders, ma nessuno li pronostica davanti agli Heat.
Durant sta disputando una stagione da MVP, ma alla fine arriverà secondo dietro Lebron.
Westbrook è uno dei migliori play della lega ma, non ostante l’esclusione dalla corsa per infortunio di Rondo e Parker, e per … non saprei esattamente perchè di Deron Williams, si ritrova secondo alle spalle di un irraggiungibile Paul.
Insomma, diciamo che essere un (Bob)Cats probabilmente è peggio, ma anche essere un Thunder ha i suoi problemi.
I numeri di squadra …
Anche le statistiche di squadra sembrano andare in questa direzione: con 106,4 punti a gara sono primi nella lega, anche se a pari merito con i Rockets, dove credo giochi qualcuno di loro conoscenza…
La percentuale dal campo, 48,1% li colloca terzi dopo Heat e Spurs. Quinti nel tiro da 3 con 37,9% (davanti a loro, oltre ai soliti Spurs e Heat, anche gli “abusatori” di tiro da tre della Baia e gli insospettabili Hawks), primi per differenza punti segnati/punti subiti, primi (con quasi 4 punti percentuali sul secondo) nei tiri liberi, con un anormale 78,9%, primi per stoppate con 7,9.
Il tutto per un totale di 50 vittorie e 19 sconfitte (solo 5 sul parquet di casa).
… e quelli dei singoli
Quest’estate la dirigenza ha deciso, per motivi prettamente economici, di fare a meno di James Harden, il sesto uomo di super lusso che ha più volte guidato i suoi fuori dalle secche di un attacco che, al di fuori delle eccezionali iniziative personali di Durant e Westbrook, si bloccava con una frequenza inaccettabile per una squadra con ambizioni di titolo. Harden portava essenzialmente 4 cose ai Thunder: punti (16,7 a partita), assist (3,7), difesa e infine cuore (o altre parti anatomiche utilizzate per indicare la capacità di uscire con coraggio da situazioni difficili).
Sul primo punto direi che si è trovata soluzione facilmente, sommando i 14 punti portati in dote da Martin e gli incrementi di segnature di Durant, Westbrook e soprattutto Ibaka. Anche gli assist sono stati facilemente sostituiti dai miglioramenti in questa categoria di Westbrook e Durant. Sulla difesa il confronto è più difficile: su singola gara si può dire che si possono dare più minuti a Sefolosha in caso di necessità, o che Westbrook può concentrarsi di più su questo aspetto, considerando anche che l’apporto di Harden era limitato a 31 minuti a gara. Quello che però rendeva Harden fondamentale per la squadra era quello che dava in difesa e in attacco in quelle 5-6 azioni che cambiano una partita che conta. Su questo ad oggi è impossibile dire se i miglioramenti delle due stelle e gli aggiustamenti di squadra potranno compensare quanto perso. Anche perchè uno dei modi in cui Harden era più utile era nel togliere la palla dalle mani di Westbrook nelle serate no in cui si sentiva comunque di dover vincere da solo: se il Barba poteva avere la credibilità per estrometterlo temporaneamente dal gioco, di certo Martin non può farlo, così come permangono dubbi che possa farlo Durant, per limiti prettamente caratteriali.
Se quindi un giudizio definitivo sulla squadra potrà essere dato non prima della prima serie di PO, quello che da oggi va riconosciuto è il miglioramento fatto dai 4 giocatori principali della squadra.
Kevin Durant
Rispetto allo scorso anno (dove tra l’altro non è che avesse fatto proprio schifo) è migliorato in punti, assist, percentuale dal campo, numero di tiri liberi tirati e percentuale ai liberi, percentuale da tre, recuperi . A differenza della sua prima incarnazione NBA, quando veniva usato quasi esclusivamente come tiratore in uscita dai blocchi, oggi il gioco di KD è molto più vario, estendendosi oltre (MOLTO oltre!) la linea del tiro da tre, comprendendo penetrazioni e schiacciate a difesa schierata, ma soprattutto gestendo molto di più la palla in prima persona e, grazie al fatto che legge meglio i raddoppi, divenendo un costruttore di gioco anche per i compagni. Il tutto ovviamente diminuendo il numero di palle perse per gara. La sua capacità di eseguire sotto pressione è cresciuta, e sotto un’aria indifferente in puro Duncan style, anche la sua cattiveria agonistica sembra aumentata. Per i difensori ormai non ci sono più strade percorrribili: può tirarti sopra la testa usando le sue braccia lunghissime, batterti in palleggio tramite dei fondamentali e un’agilità che non dovrebbero appartenere a uno di quell’altezza, oppure uscire dal raddoppio con un passaggio. Certo puoi sempre fargli fallo: peccato che poi 91 volte su 100 metta dentro il libero…
Russell Westbrook
Lo sregolato play di OKC ha perso 0,2 punti di media a partita, ma ha guadagnato oltre 2 assist, aumentato i recuperi, i rimbalzi e la percentuale da 3 e diminuito il numero di palle perse.
A tutt’oggi resta una testa matta, e difficilmente vorrei che fosse lui a gestire l’attacco della mia squadra. Gli aspetti devianti però sembrano essere in netta diminuzione, pur conservando quelle caratteristiche di aggressività e elevato testosterone che ben si complementano con la maggior tranquillità e affidabilità del compagno col 35. L’impressione è che in una squadra sua potrebbe facilmente farne 30 a partita, ma difficilmente vincere qualcosa. Come numero 2 dietro a Durant invece sembra destinato a grandi cose. Opinione personale, fra 2-3 anni potrebbe essere uno dei giocatori di maggior impatto nella lega.
Sergie Ibaka
Lo spagnolo ha fatto il botto. Dopo un Olimpiade vissuta a lamentarsi all’ombra dei fratelli Gasol, tornato negli USA Ibaka è stato quello che meglio ha sfruttato lo spazio lasciato dalla partenza di Harden. Grazie al miglioramento del suo piazzato dai 4-5 metri, L’ala di OKC ha aumentato la sua media punti di oltre 4 a partita, migliorando nel contempo del 4% la sua percentuale dal campo (arrivando ad un insensato 57%) e di quasi 10% la sua realizzazione dalla linea della carità. L’unico dubbio che aleggia su una stagione altrimenti da incorniciare è la sua resa nei PO: arrivando la maggior parte dei suoi punti dal jumpshot da fuori area, siamo sicuri che la sua mano sarà così ferma anche con la pressione della post season?
Kevin Martin
A me non piace. Mai piaciuto. Troppo egoista, troppo isolato (per sua volontà) da ogni contesto di squadra. Meccanica di tiro rivedibile. Poca affidabilità, con 40 punti una sera e 5 quella dopo.
In più questi dubbi aumentavano per il fatto di essere chiamato a sostituire qualcuno che a OKC il gioco lo creava. In pratica invece con Martin era come se i Thunder si dotassero di un secondo Westbrook, ma con le qualità positive diminuite e quelle negative accentuate.
A Brooks invece va il merito di aver cambiato sia il modo di giocare del giocatore, sia il suo ruolo nella squadra: non più giocatore con la palla in mano, ma tiratore dietro i blocchi e sugli scarichi. Una sorta di Ray Allen, meno affidabile ma con in più il guizzo (ogni tanto) della follia. I minuti a sera, 28,2, sono la media più bassa dalla sua seconda stagione della lega. In compenso il 42% da tre è la media più alta in carriera, garantendogli non ostante il basso minutaggio e i pochi palloni toccati un comunque notevole 14.3 punti a partita. A differenza del nuovo Ibaka tiratore e del nuovo Westbrook passatore, non ci sono particolari dubbi sul fatto che Kevin Faccia Tosta Martin continui a prendersi le sue responsabilità senza paura anche in post season.
Insomma, tante belle cose, tanti segnali incoraggianti, tecnici, emotivi, attitudinali. Eppure il dubbio che ai Playoffs qualcosa possa andare storto senza la polizza Harden c’è. E soprattutto l’impressione che contro LeBron (siamo a 24 vittorie a fila) tutto questo non basti è forte.
A loro il compito di dimostrarci che sbagliamo.
Vae Victis