Roma, 23 giugno 2014 – Quante volte ci si è trovati dinanzi ad un quadro, ad un bel quadro di un artista affermato non riuscendone però a coglierne la vera essenza del suo lavoro senza un’adeguata descrizione, magari da un critico che riesce a leggerne sfumature e contorni?
Entro certi limiti, usando quest’ardita metafora, potremmo perciò definire la stagione 2013-14 dell’ACEA Virtus Roma esattamente come un bel quadro d’autore dentro il quale però i giochi di luce ed il chiaroscuro, che sintetizzano spazi e profondità di ogni oggetto e con essa la tridimensionalità dei particolari dipinti, non sono particolarmente brillanti e definiti pur nel complesso positivo e soddisfacente.
Allora quale voto complessivo assegnare a questa annata?
Partiamo con ordine. Se si analizzasse la prima parte della stagione, e per prima parte della stagione si potrebbe demarcare il limite alla fine del girone di andata nel match vinto a Varese abbastanza agevolmente, il voto più adatto sarebbe un bell’otto pieno senza però dimenticare le brutte, a volte pessime prestazioni, in Eurocup all’interno di un girone di qualificazione non propriamente da far tremare le vene ai polsi. Proprio in questa ottica il roster messo in piedi da Nicola Alberani poteva e doveva fare di più, evitando soprattutto alcune sconfitte senza attenuanti a domicilio contro il Bonn e contro il Mons.
Un roster dicevo molto ben strutturato nei ruoli, nell’intercambiabilità degli interpreti e nella varietà di soluzioni tattiche affidate alle cure di Luca Dalmonte e relativo staff. Qualche incertezza tecnica tra Bobby Jones e Michal Ignerski sino agli ultimi di ottobre non solo per problemi di regolamento e passaporto (Bobby sempre una spanna sopra all’ala polacca quantomeno per la capacità anche di difendere, eccome!), ma tutto sommato una squadra solida, esperta, con le sole scommesse nel settore dei lunghi che alla fine darà esito positivo al 50%, e cioè con il solo Trevor Mbakwe promosso a pienissimi voti (risulterà il miglior centro della Lega, leggermente sopra ad uno straordinario Anousike di Pesaro), e con Callistus Eziukwu rispedito al mittente in Grecia dopo appena 4 mesi dall’arrivo.
Un cammino comunque positivo in campionato, meno in Europa, dove però la Virtus non riesce spesso a scaricare a terra tutti i cavalli del proprio motore, generando addirittura dubbi all’inizio sulle qualità di Jimmy Baron mentre il sostituto in campo nel ruolo dell’indimenticato (ed indimenticabile), ora in maglia Pistons Gigi Datome, al secolo Quinton Hosley, si fa notare più per qualche atteggiamento esageratamente disinvolto in attacco che per un buonissimo apporto in difesa. A questo si aggiunge un Jordan Taylor malandato ed anche presuntuoso, lontano parente dell’umile ragazzo dell’anno passato, ben alternato comunque dal capitano di nuovo corso, Phil Goss, che con Ricky Moraschini e Lorenzo D’Ercole, senza dimenticare Lorenzo Reali, il ritrovato Alex Righetti e la colonna Alessandro Tonno Tonolli.
E nel girone d’andata l’ACEA fa sputare sangue a tutti in campo, non la si batte facilmente, l’unica che la mette sotto senza attenuanti è la Montepaschi Siena (autentica bestia nera in stagione), che la supera anche grazie all’unica prova di rilievo nell’anno del giovane David Cournooh. Non incanta per come gira la palla questa Virtus, non è certamente il sistema che vuole Dalmonte anzi ma almeno difende, è massiccia, “picchia” e fa male quando e come può, da quì il suo condottiero conierà lo slogan, alla fine di un’autentica battaglia vinta al Pala Tiziano contro la Grissin Bon Reggio Emilia, che l’accompagnerà per tutta la stagione: “Siamo questi oggi, siamo brutti, sporchi e cattivi!”. Roma vince senza far spellare le mani per il suo gioco ma arriva anche al primo posto in classifica battendo a domicilio Pistoia il 29 dicembre, ultimo match dell’anno solare, campo che risulterà difficilissimo vincerci per tutte le altre squadre della Lega.
Dall’inizio del girone di ritorno però le cose cambiano. Le avvisaglie si intravedono in casa, il 5 gennaio al Pala Tiziano, alla penultima del girone di ritorno: Venezia, che non è proprio l’armata che tremare il mondo fa nonostante le buone intenzioni di staff e dirigenza lagunare, passa agevolmente e di fatto da la stura ai mesi più difficili dell’ACEA durante i quali si scopriranno, per metterli a nudo, i malesseri fisici ed esistenziali di un JT che tornerà di corsa a casa anche per operarsi all’anca infortunata durante una Summer League della scorsa estate non propriamente concordata con la dirigenza romana, avendo il giovane play un contratto biennale in corso d’opera.
Si corre ai ripari, si contrattualizza Szymon Szewczyck reduce da un lungo e difficile intervento alla schiena nella speranza che sia pronto ad aprile fisicamente e si cerca Brad Wanamaker che Nicola Alberani ha furbamente adocchiato, il play che farà poi i miracoli a Pistoia portandola addirittura ad un insperato quanto di finale scudetto contro Milano ma alla fine si firma Josh Mayo, non un ripiego ma un buon innesto. Ma dopo un positivo inizio da parte del mini-play da Montegranaro, la crisi di gioco ma soprattutto d’approccio difensivo alle gare, palesemente evidenziate anche senza il piccolo play ex-Sutor nella pessima gara sempre contro Siena ai quarti di F8 di Coppa Italia a Milano il 7 febbraio, andranno avanti per parecchio e Roma supera le avversarie facendo appello alla grinta, alla determinazione ed alla voglia di battersi, scivolando a volte clamorosamente (per tutte l’incredibile sconfitte interna contro una Sidigas senza due americani ed in 7 giocatori 7), ma non riuscendo più a suscitare quell’ammirazione e quell’appellativo di “Brutti, sporchi e cattivi!” che tanto aveva pagato in passato, adesso la Virtus Roma sembra solo brutta e sporca, neanche più cattiva anche a giudicare dai numeri in difesa: da una difesa che subiva una media di 72,3 p.ti quando l’Urbe era prima in classifica, si passa agli 85 del girone di ritorno…
E si scivola in basso in classifica ma per fortuna le vittorie ottenute nel girone d’andata ed un pò la bagarre assieme allo scarso livello tecnico delle avversarie che si aggirano tra la settima e la decima posizione, consentono ad un’ACEA alla fine anche incerottata e malmessa sulle gambe, di arrivare comunque ai playoffs ma non senza lunghi, intensi brividi da sudore freddo: si vince e si blinda il sesto posto a Venezia alla penultima di ritorno contro una Reyer senza più pretese e rientrando però da un -19 clamoroso ad inizio terzo periodo. Un buon segnale, nel frattempo è arrivato anche Halil Kanacevic per sopperire alle persistenti difficoltà fisiche e di reattività in campo del polacco Szewczyk, se non una bocciatura per lui ci siamo molto ma molto vicini.
E si va alla sospirata post-season, ci si classifica quindi al sesto posto e ci s’imbatte ancora in Cantù, la “rivale” di questi ultimi anni di sempre nei Playoff. I pronostici dei tecnici e dei giornalisti dicono Cantù, almeno 3-1 perchè ora i quarti della finale scudetto saranno al meglio delle 3 su 5 ed avviene quello che non ti aspetti: riecco la Virtus molto sporca, molto cattiva e neanche tanto brutta in gara 1 al Pianella, mai espugnata in Regular Season. Se i cavalli si vedono al palo…
In Gara 2 Roma bissa sempre a domicilio di una Cantù che sembra quasi non crederci, contro tutto e contro tutti nella gara più sgorbutica della serie e poi realizza il capolavoro al Pala Tiziano, 3-0 al supplementare, l’onore e la stagione è salva. Una squadra guerriera, che lotta, sgomita, corre e lotta come nel girone d’andata ma in semifinale i ragazzi di Dalmonte devono arrendersi ai campioni d’Italia in carica dopo aver riportato il basket di vertice al Palalottomatica, finisce 4-1 per Siena e non senza qualche rimpianto se si legge alle voci “Goss malandato” e “D’Ercole pure”, che limita le rotazioni offensive e difensive e condanna l’Urbe a perdere Gara 1 con in mano la palla del potenziale sorpasso sul filo della sirena al PalaEstra ed a cercare di arginare una Siena comunque di base superiore.
Che voto dare quindi?
Se ci si limitasse alla prima parte della stagione, eccezione fatta per una Eurocup assolutamente deficitaria da 4 pieno, un voto da 8 globale per l’intensità, la durezza espressa spesso in trasferta ed un primo posto meritato in classifica, senza dimenticare alcuni matches che Roma ha perso in casa maldestramente. Nel girone di ritorno, eccezion fatta per una Coppa Italia da 4 come per l’Eurocup, un 6 che fa ottenere i Playoffs alla squadra di Dalmonte con il fiato grosso. Alla fine i Playoffs, un bel numero 8 a sancire un percorso comunque positivo, Roma che si conferma nel gotha del basket in Italia seppur infrangendosi sullo scoglio Mens Sana.
Andiamo ai singoli.
Se dovessi mettere i giocatori di Roma in stagione su di un ipotetico podio, al primo posto metto Trevor Mbakwe, fantastico. Il rookie conquista la scena ed un futuro a suon di $ a suon di rimbalzi e doppie doppie sia in campionato che nei Playoffs, in alcune parti della stagione assolutamente dominante ed onnipotente, la più bella espressione di questa stagione virtussina. Ottimo anche Phil Goss, un gradino sotto Mbakwe comunque. Ha tenuto la barra a dritta per tutta la stagione indicando la rotta nei momenti di difficoltà, sempre presente in sala stampa quando qualcosa non andava per come sarebbe dovuta andare, una presenza essenziale.
Subito dopo Bobby Jones. Un giocatore di carattere, che da tanto sempre in campo, forse non eccelle nelle scelte e nelle letture offensive ma sarà stato un caso che Roma abbia preso le imbarcate a Reggio ed a Sassari quando lui in campionato era fuori? Un animale da Playoff, apprezzato anche dal pubblico che dopo la post season dell’anno scorso, ne ha apprezzato appieno il suo modo di stare in campo. Poi Jimmy Baron. The Machine è andato ad onde, esattamente come tutta la squadra, picchi in alto con gare vinte quasi da solo (Milano in casa e Varese in trasferta le prime che vengono in mente), e picchi in basso, specie nella serie contro Siena in semifinale. Ma la classe del ragazzo non discutono, la sua tecnica è sopraffina e la raffica di liberi segnati senza sbagliarne uno se non dopo diversi viaggi in lunetta lo testimoniano. Anche Josh Mayo ha dato molto ma anche lui a sprazzi ma inserito in corsa ha dato comunque molto alla causa, un buon playmaker che però avrebbe potuto fare e dare di più, sensazione di chi scrive…Alex Righetti, per quelle volte che si è visto non ha fatto per niente male, anzi, lo spazio ritagliato è stato minimo ma in campo ha sempre dato parecchio e senza mai tirarsi indietro.
Scendendo poi giù, non benissimo Lorenzo D’Ercole. Una stagione non da incorniciare per la guardia toscana ma almeno un Playoff degno di nota, forse Lollo ha subito troppo la poca presenza in campo per lui da parte di Dalmonte, non riuscendo a scuotersi a dovere come avrebbe dovuto. Idem per Ricky Moraschini, il ragazzo ha talento e pure il fisico, purtroppo dovrebbe capire e convincersi su quel che vuol da fare in campo: il play? La guardia? L’ala piccola? Ecco, quando Ricky avrà capito cosa fare lui e chi lo prenderà farà un affare, sicuro.
Bene per Halil Kanacevic ma con pause. Giunto ad aprile, ha fatto vedere belle cose, un talento da sgrezzare e sul quale si potrebbe lavorare bene se restasse in casacca Virtus, ottima la sua prova in Gara 1 a Cantù, fondamentale per la vittoria nella serie, un bell’acquisto per quello che poteva fornire.
Infine le dolenti noti.
Male, decisamente male Jordan Taylor. Un errore averlo riconfermato, spiace tanto scriverlo e facile dirlo a bocce ferme dopo averlo ammirato tutto l’anno scorso condurre diverse gare a livelli incredibili per intensità e qualità per un rookie come lui. Arrivato già con evidenti guai fisici dagli USA a settembre, il ragazzo non ha avuto feeling con il nuovo spogliatoio, inoltre ha peggiorato le cose assumendosi spesso iniziative in campo non propriamente corrette mettendo almeno avanti due volte il suo interesse personale davanti all’interesse della squadra andandosi a prendere ultimi tiri sistematicamente falliti, condannando Roma alla sconfitta. Peccato, se Roma avesse avuto lo stesso JT dell’anno scorso, sia mentalmente che fisicamente…
Male globalmente Quinton Hosley, la grande delusione della stagione, il contrario della bella sorpresa Trevor Mbakwe. L’uomo che avrebbe dovuto surrogare e far sentir di meno la dolorosa partenza di Gigi Datome in NBA ha fallito su tutta la linea. Poche, pochissime le gare in cui si possa dire che Quinton abbia assolto appieno al proprio compito. Preso per portate punti e difesa, l’ala di New York ha sicuramente fatto bene spalle a canestro ma in fase di possesso ha spesso ciccato le partite. Encomio in Gara 2 a Cantù nei quarti per i 16 punti ma, ribadisco, spesso avulso dal clima generale della squadra e del contesto in cui avrebbe dovuto calarsi: supponente, irritante a volte per come sia riuscito a collezionare un misero 25% dall’arco e come, incurante, abbia continuato durante la stagione a tirare dalla lunga.
Male anche Szymon Szewczyk, male ma forse anche non sua diretta causa, il malanno che lo ha portato all’intervento chirurgico l’anno scorso non è stato un scherzo ma il suo recupero al 100% non c’è stato. Buono palla in mano con il suo pick’n’pop quasi letale dalla lunga, deleterio spalle a canestro dove chiunque lo saltava con facilità irrisoria. Come male Callistus Eziukwu. Fisicamente ben messo, non ha mai avuto però quella capacità di calarsi difensivamente nel sistema di Dalmonte, immaturo a certi livelli nonostante la non più giovane età
Fuori concorso Alessandro Tonolli. Il capitano di sempre ha lasciato quest’anno l’agonismo dopo ben 21 anni in casacca Virtus. Tutte le parole in positivo per lui sono state spese e scritte e non mi divulgherò nello sperticare ancora e di più lodi ed applausi, basta la sua incredibile figura a darne l’esatta dimensione di uomo e di atleta, sperando che possa restare nell’ambiente con un ruolo preciso ed identificato.
Infine il coach, Luca Dalmonte. Poco da dire sulla voglia, sulla grinta, sulla determinazione del secondo in maglia azzurra accanto a Simone Pianigiani nel portare a casa un risultato di prestigio con una potenziale finale, si ferma come tre anni fa la sua avventura in semifinale scudetto come con Pesaro ma se resterà a Roma non è da escludersi che ci riproverà, budget permettendo. Condottiero deciso e sicuro nelle sue idee, non si può certo dire che abbia commesso errori enormi (gli allenatori devono commetterne meno possibili, si dice, per essere bravi!), forse se si vuole trovare una pecca in questa stagione sta nella scarsa capacità ad un certo punto di coinvolgere a dovere tutta la panchina, a volte troppo avulsa dal contesto di alcune singole gare. Ma per il resto, una stagione dura, lunga, faticosa ma da 8 pure per lui.
Ora si pensa alla prossima stagione. Roma ha delle difficoltà, lo sponsor al momento non ha confermato il suo impegno ma la novità o meglio, la certezza sta nella consapevolezza di aver ritrovato un feeling’ stabile e gioiso con i propri encomiabili tifosi. E’ di questi ultimi giorni una lodevolissima iniziativa, aiutare il Presidente Toti nell’obiettivo di raggiungere la quota di 5.000 abbonati per garantire ogni domenica in casa il Palalottomatica e quindi un proscenio adeguato. Ecco quanto scrivono i tifosi della Virtus in questo comunicato:
VIRTUS ROMA, I TIFOSI SI MOBILITANO: “ABBONIAMOCI”
La Virtus Roma del futuro ha una certezza: la passione dei suoi tifosi. La società ancora non sa se e in quale misura potrà contare sullo sponsor, se potrà allenarsi al Palazzetto dello Sport e se giocherà lì oppure al Palalottomatica. Ma sa che può contare sull’affetto dei suoi tifosi, che si sono mobilitati subito dopo la conferenza stampa di fine stagione del presidente Toti. “Ma in quanti amano il basket a Roma? In quanti sono disposti a tradurre questo amore in una risposta concreta, in termini di sottoscrizione di abbonamenti alla prossima stagione?” Dopo questa frase è nato su Facebook il gruppo “Abboniamoci! Virtus Roma 2014-15”, dove non solo si stanno raccogliendo i tifosi della Virtus, ma hanno anche iniziato un’opera di proselitismo per convincere nuovi tifosi ad abbonarsi nella prossima stagione. Gli amministratori del gruppo e della pagina Facebook ad esso collegata hanno quindi prodotto una sorta di “manifesto programmatico” delle loro intenzioni.
“Tutto ciò che stiamo facendo ha l’obiettivo di tenere i riflettori puntati sulla nostra Virtus – scrivono – e stiamo notando grande adesione di tutti coloro che a vario titolo fanno parte del “mondo Virtus”. Il gruppo conta ad oggi, mentre scriviamo, già più di 500 membri”. Ma la “mission” del gruppo non è solo quella di dare “un aiuto economico” alla società, bensì “una rosa di idee. In tanti esprimono con grinta ed energia proposte di nuovi strumenti per indurre più persone ad abbonarsi, ad esempio attività ludiche per i bambini a latere dell’evento sportivo, eventi per i ragazzi e anche per i più grandi, proposte alla società per convenzioni studentesche; ma anche idee più semplici che come Gruppo metteremo presto in pratica, come un premio simbolico autofinanziato per il 500esimo membro, o una dolce sorpresa per il primo nuovo abbonato. Noi siamo tanti e soprattutto #cimettiamolafaccia, #ciabboniamo, per dirla a modo nostro. Abbiamo deciso tramite selfie e mondo dei social network di farci sentire, perché ad oggi è quello lo strumento che riesce in poco tempo a diffondere notizie. E in molti di noi si stanno attivando anche fuori da Facebook per raggiungere più gente possibile, e sono pronti, in occasione del lancio effettivo della campagna abbonamenti, anche ad attività di volantinaggio, a cercare di far sottoscrivere abbonamenti presso la scuola basket in cui giocano, ecc.. Stiamo cercando di fare lo sforzo di unificare e sintetizzare questi spunti in un file di sintesi per rendere leggibili le proposte arrivate dai nostri membri”.
Un buon numero di abbonamenti potrebbe far decidere Toti per un ritorno al Palalottomatica, che è tornato a riempirsi durante i playoff. “Ma qui si cerca di unire il mondo Virtus in tutte le questioni che ci accomunano, e sono tantissime, e di cercare ovunque nuovi abbonati Virtus. Non di riproporre polemiche, né sull’impianto di gioco né su qualsiasi altro aspetto”.
Insomma, “facendo un giro su Facebook, infatti, vi accorgerete che questa passione nel cuore dei romani ancora c’è ed è tanta. C’è solo bisogno di ricordarglielo”. E quindi, “confidiamo che appena possibile la nostra voglia di renderci utili alla Virtus trovi una sponda nella società. Siamo pronti, senza alcun tipo di presunzione, a dare e non a chiedere alla Virtus: speriamo di non disperdere la forza dell’onda anomala virtussina, ma anzi di cavalcarla insieme”. Un atto d’amore vero e proprio. Se servono nuovi tifosi, sono i “vecchi” che vanno a cercarli. La loro passione forse è l’unica certezza della Virtus Roma 2014-15, ma è la più importante.”
Cosa dire di più? La Virtus ripartirà da Nicola Alberani, GM di indiscussa qualità nello scovare talenti a basso costo (figuriamoci se avesse qualche soldino in più a portafoglio), dal Team Manager Francesco Carotti, colonna ormai della struttura societaria e dal proprio meraviglioso pubblico, poco ma sicuro, per una nuova esaltante stagione nel 2014-15.
Fabrizio Noto/FRED