Non solo basket. Tante storie, tanti dietro le quinte nella puntata di lunedì 16 marzo di «Sei a Casa», programma di TeleArena in onda dalle 10:15 (replica alle 17:45) condotto da Elisabetta Gallina a cui hanno preso parte Giorgio Boscagin, Luca Gandini e Davide Reati.
STAZIONE DI CALDIERO.
Boscagin:
«Da bambino mi allenavo tre volte a settimana più la partita, poi gli allenamenti sono diventati quattro. Prendevo il treno la mattina da Caldiero, in un quarto d’ora ero a Verona. Molto più veloce il treno dell’autobus. Andavo a scuola fino alle 13.30, poi alle 15 andavo ad allenarmi con la mia squadra e dalle 17 con la Serie A, coi grandi. Mi veniva sempre a prendere mio padre, uno che non finirò mai di ringraziare per la pazienza e per quel che ha fatto per me. Abbiamo fatto tanti sacrifici tutti insieme, mi piacerebbe dire che basta il talento per arrivare a certi livelli ma sarei bugiardo se non dicessi che anche la fortuna ha la sua bella incidenza nel percorso di un atleta».
MATRIMONIO A LAS VEGAS.
Gandini:
«Non volevo sposarmi nella maniera classica, così solo quattro giorni prima ho proposto alla mia futura moglie di sposarci a Las Vegas. Eravamo negli Stati Uniti con Boscagin, con cui in questi ultimi anni è nata davvero un’amicizia molto profonda. È stato bello, lei ovviamente ha accettato. Il matrimonio è andato anche in diretta su streaming, così anche parenti e amici hanno potuto vederci».
DI CASA A VERONA.
Reati:
«Quando sei giovane sogni ed è giusto. Sognare è lecito. Ogni ragazzino che comincia a giocare a pallacanestro pensa di arrivare nell’Nba, poi però devi fare i conti con la realtà ed essere responsabili e maturi da capire la propria dimensione e riconoscere i proprio limiti. La mie giornate da piccolo? Dopo aver pranzato uscivo di casa alle tre del pomeriggio e tornavo alle nove, dieci di sera. Tempo per svaghi vari e amici ce n’era poco. Il mio primo allenatore? Non mi andava molto a genio, ma ero proprio bambino ed in campo non ci sapevo ancora stare. Io però l’accostai alla figura che mi impediva di giocare, non necessariamente il primo istruttore è quello che ti resta più in testa. A scuola non ho mai avuto problemi. Il sei arrivava e spesso anche qualcosa di più. Ricordo le parole di un mio insegnante, mi diceva sempre: “Reati, devi decidere: o la scuola o la pallacanestro”. Per me la scelta è stata facile, il basket è sempre stato il mio grande amore. Anche adesso. Prima di Verona l’unica mia esperienza lontano da casa è stata Varese, prima ero a Treviglio ma la sera tornavo sempre a casa a Cernusco. Mi trovo davvero molto bene a Verona, in tutto. Dalla società ai compagni, per di più con Boscagin e Gandini che erano miei compagni di squadra anche l’anno scorso è nata davvero una bella amicizia che va oltre il rapporto normale fra giocatori. E la città è super».
DA RECALCATI A RAMAGLI.
Reati:
«Ogni allenatore ti dà qualcosa. Devo molto al coach che mi ha lanciato a Treviglio, Lino Frattin che ha sempre creduto in me. Naturalmente anche l’esperienza di Varese è stata importante, con coach Recalcati ed il vice Saibene. Non è stato facile all’inizio, venivo da due categorie più in basso ma loro mi hanno aiutato molto giorno per giorno. Ramagli? Se sono qui devo ringraziare anche lui che ha ritenuto opportuno tenermi anche quest’anno e darmi molte più responsabilità. Non gioco da vent’anni, ma poche volte avevo fatto parte di un gruppo come quello che si è creato quest’anno».
SILENZIO, C’È LA PARTITA.
Gandini:
«Il giorno prima e il giorno della partita sono intrattabile, dal giorno dopo torno ad essere una persona normale. Chiedete a mia moglie. Chiaro che le pressioni ci sono, ma è anche giusto che ci siano e che noi impariamo a reggerle. Noi sportivi rimaniamo dei privilegiati, possiamo trascorrere qualche mattina anche a casa, non lavoriamo otto ore al giorno. Lo sport però mi ha aiutato molto, grazie anche ai miei genitori che mi hanno sempre lasciato decidere in completa autonomia. Ho cominciato col calcio, mi hanno messo in porta ma alla prima partita in cui ho preso quattro o cinque gol scelsi di orientarmi sul basket e ne sono contento per come è finita. Consiglio a tutti i ragazzi di fare sport. Fare sport è imparare la disciplina, vivendo coi tuoi compagni lospogliatoio così come arrivando puntuale agli allenamenti. Il mio grande orgoglio? Vedere il PalaOlimpia pieno, il pubblico che ci sostiene ma soprattutto che ci dà una mano nei momenti di difficoltà come se giocasse con noi. Chiaro che un giocatore d’alto livello deve imparare a rendere al massimo in ogni ambiente, anche ostile. Avere la gente dalla propria parte però è sempre un valore aggiunto».
IN VINO VERITAS.
Boscagin:
«Non so cosa farò quando smetterò di giocare a pallacanestro, non ci ho ancora pensato. Di tempo ne ho ancora, almeno qualche anno. Fra i miei hobby coltivo la passione per il vino, sto frequentando un corso per sommelier ed aprire un giorno un’enoteca è un’idea che mi stuzzica. Enoteca dal Bosca? Perché no, ma adesso non è il momento di guardare così in avanti. Dopo la Coppa Italia ci siamo rituffati in campionato, abbiamo un obiettivo ancora più importante e vogliamo centrarlo. Per la società, per noi, per l’intera città».