Cesare Pancotto guardando numeri e statistiche si vede che a Cremona i giocatori italiani ci sono e giocano tanto. Perchè?
“Perché crediamo negli italiani come risorsa del nostro basket e della nostra società. Perché abbiamo il coraggio di andarli a prendere nelle serie minori e tirarli su provando ad insegnar loro a diventare dei giocatori di serie A. Perché così facendo l’anno scorso abbiamo vinto, dietro Reggio Emilia, il secondo premio per i minuti giocati dai giovani italiani in campo. Insomma mi pare chiaro che il perché risiede nel fatto che a Cremona c’è un progetto“.
Lei poi a questo rpogetto dei giocatori italiani ci ha sempre creduto o no?
“A tal punto che anche al momento di accordarmi con Cremona ho chiesto di poter continuare a lavorare su questa idea concreta. Ed ho trovato una società che come me ci crede. Noi non prendiamo giocatori fatti e finiti ma appunto ragazzi da formare. Io nella piccola carriera di allenatore (33 anni, ndr) ho sempre fatto giocare gli italiani. MI piace l’identità del nostro giocatore, sento la responsabilità di attingere alla scuola italiana di pallacanestro”.
Pancotto è talmente importante quel che lei sta affermando che le chiedo : perché in così pochi credono in questo progetto di giocatori di scuola italiana come l’ha chiamata?
“LO so è vero ma io rispondo solo per me stesso. Il progetto dei giocatori italiani per me è stato ed è ancora un compagno di viaggio che mi sta accanto da sempre in questi lungi anni di carriera. Con le nostre possibilità diverse qui a Cremona abbiamo fatto le stesse scelte di Reggio Emilia ed io sono convinto che anche quest’anno ci ripagheranno”.
Com’è il giocatore tipo della scuola italiana di pallacanestro?
“Deve avere cuore. Deve essere consapevole del concetto di responsabilità e deve saperla applicare in campo e non solo. Tecnicamente la nostra scuola produce giocatori versatili, che sanno adattarsi a diversi sistemi di gioco e che sanno fare tutto molto bene, naturalmente con le dovute specifiche ruolo per ruolo. Ma la versatilità è la nostra migliore caratteristica”.
Eccoci a Cremona ed al momento difficile che state attraversando. Cosa c’era che non andava prima con Thomas e poi con York?
“Nulla di particolare. Noi abbiamo fatto una scelta,un progetto coraggioso e per questo io dico grazie alla società. Ma quando parlo uso sempre il plurale perché le scelte che facciamo le facciamo insieme e solo ed unicamente nell’interesse e per il benessere della squadra. Rinunciare a Thomas e York sono state scelte che sono andate esattamente in questo senso. Ora però noi dobbiamo migliorare la struttura della squadra. E’ arrivato Harris, forse, non lo so ancora, arriverà un altro giocatore. Ma intanto lavoriamo così per strappare un biglietto della fiducia. E nella parola fiducia c’è tutto un concetto che comprende mille parole ed altrettanti concetti. Per esprimere il meglio di noi stiamo tutti, lavorando su questi aspetti”.
Coach com’è il livello di questa serie A e cosa vede di nuovo dal punto di vista tecnico?
“Mi sembra più alto, migliorato. Levando Milano dal discorso, mi pare di poter dire che ci sono tutte le squadre che dovrebbero esserci al loro posto con qualche buona novità come Caserta e Capo d’Orlando. E poi Reggio Emilia dopo la prima sconfitta ha preso un bel passo. Dal punto di vista tecnico è tornato in voga l’arresto e tiro perché le difese coprono meglio l’area. Poi sul pick&roll è cambiato l’atteggiamento difensivo: prima era più aggressivo mentre oggi si tende di più ad organizzare una copertura. E poi sempre parlando della difesa, stiamo lavorando, tutti, sull’uno contro uno: prima di organizzare tutta la difesa c’è bisogno che ogni giocatore sia un forte difensore nell’uno contro uno. E poi si pensa al resto“.
Eduardo Lubrano