La solenne importanza della Bibbia e l’adrenalinica fuga dalla realtà di una sfida alla Playstation finché non è tempo di uscire per andare alla sua partita, quella vera. Mangiando una cupcake cucinata appena sveglio, con la musica perennemente in sottofondo, ad ogni ora del giorno e della notte. Nelle casse o con le cuffie alle orecchie, non fa differenza. Quattro abitudini diverse nella stessa persona, ma può succedere se ti chiami Tony Easley.
Ovvero una personalità unica del suo genere che ha conquistato tutti non appena sceso dall’aereo, felice di mettere fine ad un lungo viaggio (Alabama – Turchia – Roma) e affamato al solo pensiero di quello che di prelibato avrebbe ritrovato nel Belpaese a distanza di un anno speso tra Turchia e Finlandia.
Ma quello che è arrivato a Roma è un Tony diverso, sempre allegro e sorridente sì con tutti, ma di certo più maturo (sposato con Joanna dal 2015) e riflessivo di quello che aveva vestito le maglie di Forlì, Sassari, Caserta, Venezia e Pistoia. Maglie cambiate con troppa fretta, forse – anche più di una nel corso della stessa stagione – diversamente da ciò che stavolta, all’alba dei 30 anni (ne ha compiuti ventinove a Luglio), l’ha spinto a tornare per restare, alla ricerca di una nuova dimensione, più profonda e duratura. “Vogliamo costruire un nuovo Colosseo”, aveva detto appena arrivato, fugando immediatamente, con consapevolezza e cognizione di causa, le perplessità di chi l’avrebbe probabilmente visto ancora bene al piano di sopra. Ma niente più solo schiacciate ed energia per alcuni frangenti in Serie A, quanto un ruolo da protagonista dentro e fuori il campo per crescere insieme all’Eurobasket.
“Mi è piaciuta molto l’idea di aiutare una squadra che giocasse per la prima volta questo campionato a costruire qualcosa, ho giocato in tanti club italiani ma senza mai avere la possibilità di farlo come qui, dove si respira subito un clima molto familiare“.
Nel quale sembrava quasi non vedere l’ora di calarsi, diventando prima l’idolo di grandi e piccoli, sempre pronto a regalare un sorriso, farsi scattare una foto o firmare un autografo a tutti, e poi, messi da parte i problemi al ginocchio, un fattore decisivo nei successi di Novembre della sua squadra.
Ma guai a guardare alle statistiche personali, la squadra prima di tutto. E quella reazione genuina, quasi timida e sorpresa, alla notizia di essere il miglior giocatore del mese di Novembre ad Ovest e nel primo quintetto dell’intera serie A2.

Tony Easley schiaccia in maglia Pistoia
“Best in the west”, dunque. Con una citazione in rima pronta ed immediata, perchè dietro questo autentico personaggio dall’impareggiabile simpatia, c’è anche un ragazzo riflessivo e giudizioso, dal non indifferente spessore culturale, fatto tanto di musica – “..La ascolto a tutte le ore, di qualunque genere, anche prima, durante e dopo le partite, ma se devo scegliere una canzone in particolare, direi Hey Ya di Outkast”- quanto di libri, dai quali trarre ispirazione per ogni momento della giornata. E poi la scrittura e i videogiochi, dietro i quali, scavando in profondità, si cela anche un acuto osservatore della realtà che gli sta attorno.
“Mi piace scrivere, perché è un modo per arrivare direttamente al cuore di chi legge, qualunque età essi abbiano. Vedo tutti i giorni anche qui ragazzini in palestra che si allenano e si impegnano col sogno di diventare grandi giocatori e so cosa significhi, così oltre a fare una foto e giocare insieme a loro, anche raccontare direttamente le nostre esperienze credo possa aiutarli crescere”.
Un aspetto non banale, che probabilmente ci aiuta meglio anche a capire perché il giornalismo americano, spesso ricco di storie prese direttamente dalla vita di tutti i giorni, affascini ed attecchisca meglio di quello europeo, preso direttamente e senza intermediazioni dalle parole di un professionista. E poi i videogiochi, sport e avventura da diversificare con cura a seconda dei momenti della giornata:
“Ci gioco sempre prima di ogni gara di campionato, ma è un modo anche per tenermi i contatto con i miei compagni di squadra vecchi e nuovi, distrarci per un attimo dalla sconfitta della domenica e staccare completamente la testa e non pensare a quello che accade“.
E’ successo con Deloach, così come con altri “fratelli” del passato – “scherzo con tutti nello spogliatoio” – alla perenne ricerca di una nuova sfida, tanto virtuale quanto sul parquet di tutti i giorni, mostrando subito il debole per un paio di suoi veri e propri idoli:
“Tifo per il Milan da quando c’era Mario Balotelli e a FIFA ho creato un giocatore personalizzato che fa l’attaccante, mentre nell’NBA ora tifo Golden State”.
Perché ora? E prima?
“Tifavo Oklahoma perché ci giocava il mio idolo, Kevin Durant e ora mi sono spostato su Golden State. Lo so, tifo prima per il giocatore e poi per la sua squadra” ammette con onestà, facendo venir fuori, come lui stesso si autodefinisce, il tifoso “fake” che c’è in lui.
Ma nella realtà la dimensione è ben diversa e racconta di un giocatore sempre pronto a sacrificarsi per la squadra ed i suoi compagni ed un carattere camaleontico anche nella stessa partita.
“So che posso sembrare strano, a volte pazzo, perchè posso cominciare la partita con il sorriso, finirla con uno sguardo triste e poi uscire di nuovo ballando, ma “thats just me”, amo la pallacanestro e tutto ciò che la riguarda. Gioco con emozione, perché la mia migliore qualità ma anche il mio difetto è la passione e a volte è difficile tenerla a freno durante la partita“.
Per questo, nessun obiettivo preciso, ma solo un duro lavoro da portare avanti con costanza ed impegno quotidiano:
“Sinceramente non ho mai pensato agli obiettivi di questa stagione, l’unico che noi dobbiamo avere come squadra è quello di lottare ed essere competitivi ogni giorno, quello che io chiamo “grinding for gold”. E se lo facciamo il nostro limite può essere solo il cielo”.
Nel frattempo crescono le cifre e a dispetto della troppo facile e frettolosa convinzione di un giocatore solo spettacolare, aumenta anche il suo impatto in difesa, con una sorprendente gestione dei falli che l’ha reso spesso un fattore determinante nei secondi tempi delle partite, a dispetto di un fisico “Slim” da cui è nato anche il suo soprannome.
“E’ la prima volta che mi trovo ad essere uno dei leader della squadra, per cui sto ancora imparando. Ma..la mente ascolta la bocca e aiuta a muovere il corpo, quindi credo che la chiave più importante sia aiutare i miei compagni soprattutto con la voce“.
In attacco non solo schiacciate, dunque, ma anche tiro dalla media ed un buon uso del piede perno e di fondamentali tecnici che l’hanno reso un riferimento insostituibile, ma lui glissa:
“Per la verità non faccio troppa attenzione alle statistiche, ma penso che si debba cercare di crescere sempre, come squadra e singolarmente. Per questo cerco di migliorare ogni giorno tutti gli aspetti del mio gioco”.
Nell’attesa di scoprire dove potrà arrivare questa Roma Gas & Power insieme a lui, che di Roma ama tutto – “E’ una città stupenda per storia e cultura, uno dei miei posti preferiti in Italia“, non solo la sua fama, ma anche la Carbonara, e in Italia crede (e spera) di restarci ancora a lungo. Soprattutto da quando Donald Trump è il nuovo presidente dei suoi Stati Uniti, ma tanto c’è già una serie di famiglie pronte ad adottarlo.
Donatello Viggiano
Ufficio stampa Roma Gas&Power