Forlì, 25 gennaio – Con il mercato che è entrato nel vivo e con l’arrivo a Forlì di Melvin Johnson e di Ryan Anthony Amoroso, che si sottoporrà nella mattinata di giovedì 26 alle visite mediche, abbiamo raggiunto telefonicamente il General Manager di Avellino, il “forlivesissimo” Nicola Alberani, il quale ci ha parlato del suo presente e delle sue ottime impressioni sulla Società Pallacanestro Forlì 2.015 otreché di alcune disquisizioni tecniche sugli obiettivi di mercato che i romagnoli stanno seguendo.
Buonasera Alberani, innanzitutto le chiedo come sta procedendo la sua esperienza alla Sidigas Avellino?
“La mia esperienza ad Avellino sta andando benissimo perché al di là che lo scorso anno abbiamo centrato il miglior risultato nella storia dello Scandone, la città è molto appassionata, piccola e simile alla mia Forlì, molto più di quanto non lo fosse ovviamente Roma e dove la gente vive di basket e tutti si conoscono fra loro. La Società e tutto lo staff sono persone fantastiche e poi per adesso siamo ancora terzi in classifica e speriamo di continuare e quindi al momento non posso che essere stracontento della mia esperienza ad Avellino”.
Veniamo a Forlì e a tal proposito le chiedo che idea si è fatto di questa nuova Società?
“Indubbiamente un’idea molto positiva. C’è gente molto seria, una Società con un progetto serio e con una voglia di ripartire e di fare basket molto forte. Per quello che si percepisce da lontano la sensazione è veramente positiva ed io mi auguro davvero col cuore che questa Società riesca a perseguire i suoi obiettivi”.
Per quanto riguarda la squadra, complice anche l’infortunio di Blackshear, sono emersi grossi limiti relativamente alla costruzione del roster. Ora la Società sta correndo ai ripari ed ha ingaggiato Melvin Johnson che lei conoscerà bene. Ci descrive che tipo di giocatore è Melvin Johnson?
“Melvin è un giocatore che ha nel tiro la sua caratteristica principale. E’ un ragazzo giovane che ha entusiasmo e viene da una Università importante con un allenatore importante e quindi credo darà un valido apporto a Forlì che aveva nella perimetralità un aspetto debole del suo gioco e della sua fisionomia di squadra. Poi è chiaro che a fare mercato a stagione in corso è molto difficile perché occorrono molti soldi e ci vuole tanta fortuna. In estate devi essere bravo a individuare i giocatori e metterli sotto contratto, nel mercato invernale ci vogliono, invece, tanti soldi e tanta fortuna”.
Un altro imminente innesto, se saranno superate le visite mediche e il coach lo valuterà idoneo, sarà Ryan Anthony Amoroso. Può essere il giocatore giusto per Forlì?
“Credo che Ryan sia un giocatore di categoria, solido e soprattutto un giocatore difensivamente molto abile che possa quindi andare incontro ai desideri del nuovo allenatore. Ovviamente si tratta di capire il suo stato di forma e quanto sia pronto all’uso subito. In teoria, e quindi sulla carta, il ragionamento fatto dalla Società è giusto, Ryan rispecchia l’identikit del giocatore di cui Forlì può aver bisogno, ma poi è sempre il campo il giudice inappellabile che dice quanto una scelta sia stata azzeccata o meno. In ogni caso lo stato di forma del ragazzo penso sia la chiave di tutto ma sono certo che Forlì si sia cautelata in questo.”
Proseguendo nel discorso di restyling del roster, Forlì è alla ricerca di un nuovo play e due sono i nomi che vengono accostati in queste ore all’Unieuro e sono Thornton in forza a Pesaro e Justin Robinson che gioca in Grecia col Doxa Lefkadas. Ci traccia un breve profilo di entrambi e chi eventualmente è più funzionale per la squadra di coach Valli?
“Eheh (ride n.d.r.) con questa domanda siamo sul difficile. Diciamo che sono due giocatori senz’altro giusti, Robinson è indubbiamente più playmaker, più esperto, magari con un talento più limitato ma probabilmente più pronto all’uso, capace di usare sia il pick and roll che tirare da tre, mentre Thornton è un giocatore di maggior fisicità, è una guardia che sta cercando di fare il playmaker, anzi è un ottima guardia che può fare anche il playmaker, e questo era il suo obiettivo venendo in Italia, quello di giocare in una Società importante come Pesaro dove lo scorso anno sono stati bravissimi a valorizzare Semaj Christon tornato ad Oklahoma, e quest’anno hanno pensato di replicare un’operazione simile con Marcus che, non dimentichiamolo, è controllato dai Boston Celtics. Thornton comunque ha fatto anche partite molto importanti come nel corso dell’ultima vittoria in casa ed in altre in cui ha messo la sua firma. Insomma si parla di un giocatore di ottimo livello. L’unico dubbio potrebbe essere la copertura full-time del ruolo di play ma sulle sue qualità, sulla sua difesa, fisicità e talento non si discute”.
Lo scorso anno lei è stato premiato come miglior dirigente della Serie A eppure a Forlì c’era chi le metteva i bastoni tra le ruote sino a costringerla ad andare a far carriera altrove. Lei come si spiega questa cosa?
“Beh io credo, e questa è una delle spiegazioni principali che mi sono dato e che tutt’ora credo sia valida, che lavorare a casa propria è molto più difficile di quanto non lo sia lontano da casa. Mi spiego, a Forlì io sono Nicola per tutti, quando io vado a Roma, sono il General Manager Alberani e mi danno del Lei e questo già di per sé cambia tutto. Lo stesso discorso vale per Avellino dove tutti mi danno del Lei e vengo percepito in maniera totalmente diversa. Ecco, la presenza di queste, chiamiamole “barriere”, probabilmente fa sì che lavorare lontano dall’ambiente in cui sei cresciuto sia più semplice. Non voglio esser frainteso, non voglio dire che a Forlì mi mancano o mi hanno mancato di rispetto dandomi del tu, ma indubbiamente da questo punto di vista lavorare lontano da casa ti permette di esprimere meglio le tue qualità non avendo quei legami ambientali, di gioventù e quant’altro che inevitabilmente esistono a casa tua”.
Lei oggi è un professionista e questa domanda non posso non fargliela, pertanto le chiedo, qualora la cercasse la Pallacanestro Forlì 2.015, valuterebbe la possibilità di fare basket nella sua città?
“Ho scelto di fare questo lavoro perché mi viene abbastanza bene e soprattutto mi diverto tantissimo e quindi la mia risposta è assolutamente sì. E’ chiaro che nell’eventualità alcune cose, rispetto all’esperienza passata, dovrebbero cambiare. Però tornerei con grande entusiasmo perché la Società attuale mi sembra fantastica, il pubblico sicuramente un pubblico importante e molto appassionato e tutto questo fanno di Forlì un posto dove a tanti farebbe gola lavorare. E’ ovvio che lo farei con un ruolo come quello che ho ricoperto in queste mie esperienze a Roma prima ed Avellino adesso con pieni poteri decisionali perché è importante che in una Società ci siano ruoli ben chiari e definiti. A tal proposito le dico che Maurizio Gherardini, col quale mi sento spesso, e con cui ho un rapporto particolare (parliamo di tutto tranne che di basket) il consiglio più importante che mi diede all’inizio della mia carriere fu quello di accertarmi, ogni volta che fossi andato in un posto a lavorare, quanto poter incidere nelle decisioni finali e io a Forlì incidevo molto meno di quello che si può pensare”.
Lei è riconosciuto come un grande intenditore del mercato estero a 360°, le posso chiedere qual è stato il suo colpo migliore e quale quello che, in rapporto alle aspettative, l’ha maggiormente delusa?
“Bella domanda… diciamo che per fortuna ce ne sono più di uno a cui sono affezionato. Inevitabilmente direi James Nunnally che è stato eletto miglior giocatore della scorsa Serie A ed ora gioca al Fenerbache di Gherardini, però per come è andò tutta la stagione, per come nacque la trattativa per portarlo a Forlì, per come ha fatto a Roma, per come lo difesi sia a Forlì che a Roma e quindi per il rapporto che si è instaurato, direi senza dubbio che Bobby Jones è il giocatore al quale sono rimasto maggiormente legato. Relativamente alla maggior delusione, soprattutto vedendo quello che ha fatto dopo, e quello che è il suo attuale valore, è senza dubbio Brad Wanamaker. Oggi Brad è il miglior playmaker d’Europa. Lei pensi che sono due anni che la nostra prima partita di pre-campionato la giochiamo contro Brad, Lo scorso anno contro il Brose Bamberg e quest’anno contro il Darussafaka e tutte le volte che mi incontra mi abbraccia e mi dice – “Sorry Nicola, sorry Nicola” – perché sa di non aver reso per quelle che erano le sue potenzialità, ma in quella circostanza era difficile per chiunque aiutare quella Forlì”.
Siamo in conclusione e voglio chiederle che cosa manca secondo lei a Forlì per stare stabilmente nel basket che conta?
“Poco credo, perché le cose importanti ci sono: Società, pubblico e palazzetto. Credo che sia stato un anno di assestamento, come avemmo noi all’epoca un po’ scioccante, nel quale è fisiologico pagar dazio per inesperienza, credo che si debba dare una struttura, una linea chiara di comando però penso che quest’anno a dirigere la Pallacanestro ci siano persone giovani, dinamiche e d’impresa. Nicosanti è un grande dirigente ma lo stesso Raffoni, lo stesso Riccardo Pinza, ma anche Silvestrini e Rossi che conosco meno ma che comunque sono persone serie e che conoscono l’imprenditoria formano una squadra che può fare solo crescere il basket a Forlì. Sono certo che queste persone tutte insieme sapranno dare una struttura ben definita alla Società, delegare eventualmente alle persone giuste perché non dimentichiamoci che tante volte le cose che non funzionano fuori dal campo finiscono poi inevitabilmente in campo. Ma sono certo che sapranno fare le scelte giuste perché sono persone di alta qualità dalle quali percepisco la voglia di fare e di rimboccarsi le maniche con tanta passione. Mi sento di tranquillizzare i tifosi forlivesi e dir loro che possono veramente dormire tra due guanciali. Quello di quest’anno fa parte di un percorso di crescita che andava fatto e che serve per fare esperienza e crescere tutti insieme”.
Io la ringrazio per la disponibilità e la bella chiacchierata concessami e le faccio un grosso in bocca al lupo per il prosieguo della stagione e della carriera.
“Crepi il lupo! Sono io che ringrazio lei, buon lavoro”.