Travis Diener, cugino di Drake, è nato a Fort du Lac, nel Wisconsin nel 1982, è un playmaker le cui qualità hanno incantato – fin quando ha giocato ovvero fino al 2014 – non solo i suoi tifosi ma anche gli avversari. Un giocatore di grande classe ma anche di grande simpatia e correttezza.
Tre anni fa ha deciso di lasciare i campi di gioco e di dedicarsi ad un ruolo molto importante nelle Università americane: il Director of Player Personnel cioè un dirigente che si occupa tanto del reclutamento dei giocatori che del supporto degli atleti stessi. E Travis lo ha fatto alla Marquette University, proprio nel suo stato, nella sua ex Università, che è anche piuttosto importante. Poi questa estate a Las Vegas alla Summer League dopo aver parlato con i dirigenti di Cremona ha deciso di rimettersi le scarpe da basket e di tornare a giocare col cugino e per Meo Sacchetti il coach che a Sassari aveva fatto dei due Diener una delle coppie più devastanti della nostra Lega.
Bello. Un sogno. Una bella favola da raccontare a figli e nipoti. Già ma non è così. Non ho nulla contro Travis Diener al quale ho spesso e volentieri battuto le mani per il suo modo di giocare. Ho tutto contro questo modo di fare, suo e di Cremona che piuttosto che lanciare l’ennesimo giovane come ha fatto in questi anni preferisce lasciarsi andare ad improbabili operazioni di non so cosa – non parlatemi di marketing, di pubblicità o di altre cose simili perché mi viene da ridere – pur di vendere qualche abbonamento in più.
Non voglio nemmeno ricordare alle due parti le figure fatte da gente come Ian Thorpe, Bjorn Borg, Michael Jordan (al suo secondo rientro a 38 anni),Kakà, Shevchenko cioè fenomeni universali nei loro relativi sport al momento in cui tentarono un rientro dopo qualche anno o mese di stop perché sarebbe voler vincere facile e non mi piace…
E sì che ho sempre apprezzato la società della Vanoli per il suo spirito intraprendente nel costruire squadre magari difficili ma con il giusto equilibrio tra esperienza ed incoscienza, tra giocatori rodati e ragazzi da costruire. Questa operazione francamente mi rattrista e mi vengono in mente le solite belle parole spese dai dirigenti della nostra pallacanestro dopo l’argento mondiale della nostra Nazionale U19 a Il Cairo “Speriamo che ora questi giovani possano giocare”. Avanti ragazzi c’è posto…
Eduardo Lubrano