Diversi anni fa in quel di Roma c’era un allenatore alla Virtus, per intenderci ai bei tempi del main sponsor Lottomatica e della grandeur associata alla Euroleague, il suo nome era Svetislav Pesic. Il suo modo di essere e di lavorare poteva piacere o meno ma era entrato nelle grazie di chi lo seguiva, per raccontare le gesta di Capitan Tonolli & Co., per un senso dello humor apparentemente fuori da quella maschera serba in viso che si portava, e si porta dietro, anche oggi che allena il FC Bayern Monaco nella BBL.
Non appena cioè durante le sedute di allenamento qualcuno dei suoi ragazzi cercava di uscire fuori dagli schemi usuali del trainin‘, amava esclamare a tutto fiato: “CIRCUS!”. La frase, taumaturgica quasi, oltre a far sorridere gente come Dejan Bodiroga, Luca Garri o Vlade Ilievski – solo per citare i primi che mi vengono in mente – aveva il potere di ricomporre il claim della seduta, fare un sorriso appunto, eppoi riprendere con la massima dedizione e concentrazione.
Ecco quindi cosa servirebbe a Torino ed alla dirigenza gialloblu in queste ore di putiferio mediatico (e non), susseguenti alle dimissioni anche di Charlie Recalcati da Head Coach della FIAT Auxilium dopo la batosta casalinga di domenica 4 febbraio vs Avellino e l’aver preso in mano la squadre appunto per sole 6 gare, averne perso ben 5 di gare su 6 tra Coppa e campionato una volta sostituito coach Luca Banchi, autore sino a quel punto di una stagione molto positiva.
Non conosco, ovviamente, i dettagli e le motivazioni che han spinto Recalcati, persona al di sopra di ogni sospetto in termini di serietà e professionalità, a rimettere il mandato nelle mani della dirigenza savoiarda dopo appena un mese o quasi ma una cosa la so e cerco di condividerla con Voi: come è possibile che una società come Torino, società che da tempo sta lavorando bene specialmente fuori dal campo per coinvolgere tutto il territorio nella vita del club, possa commettere questi errori cosi grotteschi e marchiani sempre nel logico tentativo di ambire a posizioni di vertice nel palcoscenico nazionale e continentale che la città stessa, per vocazione, merita?
Allora ci si ferma un attimo a riflettere e la risposta è semplice: perchè nonostante la voglia di fare, le scelte di comunicazione encomiabili ed il desiderio di portare più gente possibile al PalaRuffini creando anche una logica sinergia con la squadra femminile della Pallacanestro Torino, di base il nostro basket è un movimento malato che produce dirigenti e situazioni fuori dall’ordinario come questa che sconfinano nell’incredibile, a testimonianza che molte volte la realtà quotidiana supera la più fervida fantasia.
Non mi addentrerò nel corpo-a-corpo di chi ha ragione e perchè, dico solo che una società come Torino, che ambisce a traguardi ambiziosi, con questi suoi comportamenti apparentemente inspiegabili non fa altro che evidenziare il profondo stato di disagio in cui versa oggi la nostra pallacanestro che, come quel malcapitato essere caduto nelle sabbie mobili, cercando logicamente ed istintivamente di salvarsi agitandosi per uscirne fuori, provoca inevitabilmente ed automaticamente una discesa sempre più in basso verso l’affogamento per asfissia.
Un Movimento che non si vuole bene, che non si ama, che non si rispetta, che parla e sparla di se al proprio interno e che soprattutto non sembra avere, sempre al proprio interno, degli anticorpi per impedire o perlomeno lenire tali scelleratezze gestionali che portano con se ad inficiare quella cosuccia, che conta poco a quanto pare nel BelPaese, chiamata credibilità. Giah, perchè se ti leghi al territorio, se decidi di prendere sempre di usare a volano del recruitment dei tuoi sostenitori la mozione degli affetti, allora certe circostanze, certi accadimenti li dovresti evitare come la peste bubbonica!
Attendiamo adesso le prossime mosse del club torinese ma non sarei affatto stupito qualora, tra qualche partita, la FIAT Auxilium Torino perdesse anche il terzo allenatore dopo Banchi e Recalcati, a dirla tutta a volte non è detto che, toccato il fondo, si debba per forza risalire per inerzia.
Fabrizio Noto/FRED