Otto, dieci e dodici. No, non è un terno da giocarsi al Lotto su tutte le ruote d’Italia ma è sì un terno, giocato però sulla ruota dell’Italbasket giovanile maschile e che sancisce il fallimento di questa freddissima estate Azzurra nei suoi deludenti risultati nelle competizioni FIBA Europe.
Italbasket U20M ottava in Germania; Italbasket U18M decima in Lituania; Italbasket U16M dodicesima in Serbia. Una decrescita di risultati triste e deprimente perchè se gli U16M si son salvati a stento dalla retrocessione in Division B, quei ragazzi cioè che dovrebbero almeno per i prossimi 4 anni rappresentare l’Italbasket a questi livelli, allora è lampante che il futuro non sia per niente roseo, anzi. E calo un pietoso velo sulla pochezza tecnica degli U16M, molto carenti anche in quelle cose in campo che oggi, come piace molto dire ai guru del basket attuale, definiscono intangibles: è parso quasi di vedere, in particolar modo vs la Croazia U16, due mondi completamente agli opposti, con gli adriatici quasi fossero anche più grandi di età in termine d’esperienza dei loro avversari!?!!?
Il paradosso, per fortuna positivo, è che almeno al femminile le cose vanno ancora benino nonostante il numero di ragazze tesserate in Italia non superi le 22.000 unità, aspettiamo di vedere se l’Italbasket U16F in questi giorni riesce a salire sul podio in Lituania (match importantissimo dei quarti stasera vs la corazzata Francia), ma anche il basket giovanile in rosa ha dato le sue delusioni questa estate: clamoroso il 4° posto dell’Italbasket U20F in Ungheria con una squadra mai così forte sotto le plance, sconfitta in semifinale da una delle Serbie più scarse degli ultimi tempi e la successiva debacle vs l’Olanda nella finalina 3°-4° posto.
Ma per ritornare al tema maschile, è inutile prenderci in giro o cercare di addolcire le parole, questi risultati tutti insieme, o perlomeno da quando la FIBA ha decretato il nuovo regolamento dei campionati continentali giovanili con le tre Divisions, comprensive di promozioni e retrocessioni (un qualcosa di oggettivamente intelligente e ben fatto, una volta tanto, dal massimo organismo europeo), certificano il momento nero del movimento maschile tricolore, carente in maniera a volte disarmante tecnicamente in alcune sue rappresentative come detto prima, involuto nella sua ormai conclamata capacità di istruire giocatori di pallacanestro che possano idelamente proiettare un buon futuro a livello senior.
C’è veramente poco da stare allegri od accampare scuse, sì scuse, perchè gli alibi presuppongono una logica nell’essere sostenuti, dei dati che possano fungere a mò di pezza d’appoggio a chi desidera trovare una spiegazione razionale dinanzi ad un obiettivo non raggiunto.
Scuse quindi. Ne ho lette e sentite di ogni tipo sui socials in questi due mesi quasi di gare e competizioni vissute spesso in diretta dal sottoscritto sul web (ormai l’unico mezzo di comunicazione credibile che veicola il basket nel mondo, ma non ditelo agli editori italiani eh, si potrebbero destare dalla loro soporifera, trentennale pennichella dalla quale sono fagocitati come se fossero vittime di un sortilegio maligno), evito di riportarle per amor di patria e della vostra intelligenza. Scuse, la maggior parte anche in buona fede, da parte di chi ancora si piega alla pietosa logica dell’incoraggiamento a prescindere ogniqualvolta scende in campo quella Maglia amata da tutti noi. Che di per se è ecomiabile, il cuore a volte non fa vedere la realtà, è notorio, ma non riuscire a vedere come, ad esempio e come scritto già in passato, non ci siano più in Italia giovani playmakers o centri di prospetto, è da persone che dovrebbero ricorrere urgentemente a visita oculistica specialistica.
Come ci si è arrivati a tutto questo? Non ci vuole la sfera di cristallo nell’indicare nei responsabili, come scrivono quelli bravi, un “combinato disposto” tra organi ed istituzioni competenti a tutti i livelli: dalla Fip al Ministero della pubblica istruzione, sino ad arrivare al “dorato” mondo delle Leghe e del professionismo che dovrebbe far andare la baracca in una logica di ricavi e costi per mantenere in piedi il giocattolo, in linea molto ma molto teorica. Ok, direbbe qualcuno, tutti colpevoli quindi nessun colpevole?
Purtroppo non è così perchè le parti in causa formano una sorta di piramide dei demeriti, in questo senso alla cui base c’è ovviamente la Fip.
La Fip, ormai diventata negli anni una sorta di congrega rigorosamente chiusa al mondo esterno ed accessibile solo ad una sorta di “club degli eletti”, è come scritto sopra alla base di questa metaforica piramide, non per altro perchè gestisce in prima persona tutto il movimento giovanile nazionale in Italia, come poi è giusto che sia. Personalmente non credo che in Via Vitorchiano siano diventati di colpo incompetenti od incapaci (anche perchè le cose al femminile non vanno male come per il maschile), credo invece che si siano troppo concentrati, in particolar modo da un decennio a questa parte, ed ahimè sbagliando come questi risultati dimostrano, a farsi i complimenti a vicenda ed a chiudersi sempre più nella loro splendida torre d’avorio dalla quale osservano il loro mondo, il mondo della pallacanestro italiana maschile, con un senso neanche malcelato di superiorità rispetto allo stesso, molte volte quasi come una volta il Signore della contea osservava con distacco la plebe sottostante. Sì, quasi se come tutte le vicende irrisolte da anni o sul tavolo per essere risolte non dipendesse direttamente da loro ma da altri fattori esterni.
L’elenco delle scivolate di questi anni, più o meno clamorose (la prima che viene in mente? Il tesseramento di giocatori stranieri in Serie C, lo scorso anno, revocato poi quasi a tre quarti della stagione in corso, in perfetto sfregio del regolamento e di tutte quelle società che avevano investito bei soldini per i suddetti), è vasto ma siccome lo spazio anche sul web non è infinito, mi limiterò a dare qualche umile parere da come uscirne da questa babilonesca torre d’avorio andando, sempre per esempio, per la strada a parlare con la propria gente, fattore che forse non risolverebbe del tutto il disastro in atto nei settori giovanili maschili ma che aiuterebbe a non far scivolare ancora più in basso baracca e burattini, eventualità niente affatto remota visto che ad esempio Israele ha vinto in Germania il titolo U20M tra il semi-stupore generale. Attenzione però: quanto scrivo presuppone sempre che ci sia la volontà di farlo, magari dopo aver individuato le crepe della torre. Sperare non costa nulla anche se purtroppo è difficile che il rinnovamento parta dal di dentro.
Appena poco più in alto in questa piramide, sopra la Fip, c’è il Ministero della Pubblica Istruzione il quale, con un senso straordinario dell’autodistruzione, a metà strada tra il tafazzismo ed il menefreghismo, non invita, non impone, non stimola il corpo docente a venire incontro alle esigenze sportive degli studenti se non in rari casi, ad esempio nei licei sportivi, nati da poco. Anzi, in un certo senso ed in molti casi, ne ostacola la crescita psico-fisica sportiva privilegiando “lo studio” allo sport, salvo poi scoprire da un pò di tempo a questa parte che l’Italia sembrerebbe essere la patria simbolo degli analfabeti funzionali! (tesi molto cara ai sostenitori dell’ancient regime spodestato di recente dal voto del 4 marzo). Ma ironia a parte, la logica di questa malsana voglia di distruggere il lavoro non solo della Fip bensì di tutte o quasi le Federazioni affiliate al CONI, è quasi divenuta una tragicomica missione da parte del Ministero che ha deciso, in particolar modo in questi ultimi 20-25 anni, che i giovani debbano sì fare sport ma fuori dalle strutture scolastiche!! Ed il risultato, di questa privatizzazione di fatto anche se non effettiva sulla carta, ha proprio penalizzato maggiormente il basket, sport radicato e cresciuto prevalentemente nelle scuole di tutta Italia sin dagli anni ’60. Paradossalmente infatti oggi un ragazzo che desidera fare basket deve iscriversi ad una “scuola basket” pagando profumate rette mensili che di per se arricchiscono le società sportive (tutte rigorosamente a fiscalità agevolatissima…), senza però produrre i giocatori e dunque i risultati sperati, nella maggior parte dei casi mal pagando gli istruttori se non addirittura non pagandoli affatto.
Infine, al vertice della piramide, i club. Quelli di Serie A2 e soprattutto di Lega A che, tanto per intenderci, quando va bene ma proprio bene, li portano in panchina i ragazzi ma senza farli giocare o facendoli entrare in campo di solito nel garbage time di gare già finite nell’esito finale, salvo poi relegarli negli anni successivi nelle serie inferiori per “farsi le ossa”. Il contrasto di questa logica, molto italiana direi, è che purtroppo ed ormai da diversi, troppi anni a questa parte, le squadre italiane non lottano più, come nel passato, per vincere e dominare anche in Europa bensì si accontentano di fare la tappezzeria nel vecchio continente, salvo alzare la FIBA EuropeCup come la Reyer, esattamente la quarta coppa europa (quindi la meno competitiva qualitativamente parlando), nata come contentino delle escluse dalla FIBA Basketball Champions, manifestazione voluta fortemente dagli illuminati vertici Fip e FIBA per contrastare il dominio del binomio Euroleague-EuroCup, attualmente straripante in termini di seguito, pubblico e media al seguito. I giovani giocatori italiani quindi sono immolati sull’altare dello scudetto italiano e della Coppa Italia, in un contesto tecnico da tempo abbastanza insufficiente rispetto alla media Europea. Si sceglie pertanto di sacrificare la crescita dei ragazzi per dei titoli all’interno del contado tricolore.
Inoltre, come se non bastasse, si scopre poi che ormai con frequenza quasi puntuale, i migliori prospetti azzurri come accadduto oggi ad Alessandro Lever (uno dei meno negativi ai FIBA Europe U20M in Germania), o Davide Moretti e Guglielmo Caruso, per migliorare la loro tecnica e soprattutto per maturare al meglio le loro già buone qualità di basi, partono per giocare e migliorarsi in NCAA! Come dunque a certificare che oggi in Italia non ci sono allenatori e soprattutto competizioni dentro le quali i nostri migliori talenti possano completamente sbocciare. Dimenticando infine che il mondo NCAA resta e rimane sempre un campionato di altissimi contenuti tecnici ma sempre un campionato giovanile, dove i ragazzi non si scontrano ad esempio con navigati ed esperti avversari senior.
Sia chiaro, in NCAA arrivano da ogni parte del mondo i giovani più interessanti del panorama mondiale da un decennio a questa parte, ma perchè in passato i giovani giocatori italiani non sapevano quasi cosa fosse la NCAA se non per logica appartenenza al mondo del basket? Forse perchè all’epoca non ce n’era bisogno, perchè anni addietro i nostri istruttori nei club prendevano dalle scuole ragazzi già con delle buone basi migliorandole ulteriormente? E forse perchè gli allenatori li facevano comunque giocare consentendogli così di mettere minuti ed esperienza nei loro giovani motori, e dominando in Europa, dovendo mandare in campo solo 2 stranieri?
Non ci si stupisca poi nel vedere a giugno la Nazionale maschile senior prendere gli schiaffi da una Crozia a Trieste con appena due, tre giocatori NBA (con Saric ad esempio completamente fuori forma), in assenza dei vari Datome, Gallianari e Belinelli per perdere poi rovinosamente in Olanda 72 ore dopo nell’ultimo, ininfluente match alle qualificazioni per il mondiale cinese del 2019 vs un’onesta squadra di simpatici giovanotti e niente più.
Cosa fare allora? Non avendo per nulla doti divinatorie e non essendo quindi un demiurgo, sarebbe però opportuno un bel sano passo indietro. Tornare indietro se si è in una fase negativa, non è un delitto!
La Fip dovrebbe ritornare a promuovere in linea esclusiva il settore giovanile, provando magari a mettere mano ai regolamenti, ai famigerati DOA, e non cambiarli per i prossimi 20 anni. Si chiudano in un conclave prima, guardino e studino come lavorano i colleghi spagnoli (sarebbe il massimo), croati, ma anche lituani e francesi, solo per citarne alcuni, perchè copiare non è peccato, soprattutto se poi funziona! Aiuterebbe anche sedersi al tavolo con il CONI e studiare ulteriori formule facilitatorie per accedere ai fondi per migliorare e rendere a norma le vecchie infrastrutture esistenti ma soprattutto farle conoscere ai diretti interessati (clamoroso, ad esempio, il caso di Roma dove tutte le strutture esistenti in città si è scoperto da due anni a questa parte non essere a norma!), spiegando loro che fare sport può anche essere economicamente conveniente e gratificante ma a patto che lo si faccia nell’interesse dei giovani.
In secondo luogo premiare (individui lei come, vedasi al periodo sopra), quelle società che sfornano giocatori ma a patto che le stesse società, tutte dalla serie A2 alla Lega A, dalla B in poi se dimostrano di avere un piano serio d’investimenti serio, si dotino di un settore giovanile con istruttori adeguatamente e lautamente retribuiti, nonchè istruiti a loro volta con corsi by Fip a costi politici e non esosi, oggi da poter anche svolgere in video conferenza sulle basi teoriche da aula.
In terzo luogo, ammesso che tutto quanto esposto sopra possa realizzarsi (sarebbe meglio scrivere “debba”), organizzare un campionato giovanile U18, parallelo a quello delle varie leghe, da servire anche da antipasto al match dei senior, scrollandosi di dosso questa odiosa sudditanza al calcio che viene prima di tutto, impegnando sabato o domenica la struttura, convergendo anche il mondo femminile se possibile.
In fin dei conti, il grosso successo del 3×3 non dimostra forse che i ragazzi italiani e loro famiglie amano in Italia il Basket?
Fabrizio Noot/FRED