Manca una manciata di secondi all’intervallo lungo, al Target Center, quando, cercando di arginare con le sue lunghe leve la preghiera in penetrazione dei T-Wolves, Caris Levert ricade malissimo, con una violenta extrarotazione della caviglia e resta a terra in un misto di dolore e disperazione dopo aver visto il proprio piede malamente dislocato. Aria di tragedia sugli spalti ed in campo, dove tutti i giocatori si stringevano, in lacrime, in un abbraccio ideale con il ragazzo, mentre questo veniva accompagnato in ospedale.
Ore di drammatica attesa di notizie precise, tremando all’idea di un nuovo caso Hayward, poi, finalmente, il giorno dopo, la fortunatissima conclusione: “solo” lussazione della caviglia con interessamento moderato dei legamenti. Un’evenienza rarissima, in traumatologia sportiva. In un rigo di diagnosi, tutta la differenza che passa fra uno stop lunghissimo, e seri dubbi sul futuro dell’aspirante star, ed una pausa di qualche settimana prima di riprendere con la riabilitazione, con la concreta speranza di rivedere sul parquet il prodotto di Michigan addirittura entro la stagione. Per i Nets, semplicemente significa aver salvato strategia tecnica e di mercato e programmi nel medio e nel lungo termine. In pratica, una svolta!
Si, però resta il fatto che la stagione in corso, nata senza troppe pretese e cominciata, invece, sotto auspici più che dignitosi, aveva perfino illuso i più ottimisti tra i tifosi che si potesse prendere parte alla corsa per i playoff e questo, in vista della crescita caratteriale e tecnica dei ragazzi e, soprattutto, del mercato alla deadline e in offseason, avrebbe avuto una straordinaria importanza. Oggi, invece, nessuno ci crede più, per il semplice motivo che LeVert, al suo terzo anno nella Lega, stava letteralmente esplodendo, avendo assunto, di forza, redini, leadership, ruolo di go-to-guy, trascinatore e bomber della squadra, con una rilevanza tattica, sul campo, difficile da quantificare a parole.
Compagni e staff tecnico lo avevano detto in preseason: Levert era il migliore nel training camp e tutti scommettevano su una breakout season. I fatti stavano dando loro ragione: 19 punti a partita, assist, rimbalzi, palle rubate, contropiede, la capacità di far girare la squadra in modo drammaticamente migliore quando in campo, sempre in fiducia con la palla in mano, lui e i compagni, con la quasi certezza che qualcosa di buono potesse nascere da quel ball handling, da quelle gambe lunghissime, da quel primo passo bruciante, dal controllo del corpo in penetrazione, dalla capacità di assorbire i contatti, dai suoi circus shot capaci di mandare in tilt anche la miglior difesa del ferro, fino a risultare di una spanna il miglior realizzatore in area (11,3 ppg), ben più e ben meglio anche dei big men; ma anche dalla fiducia con cui prendeva il tiro da fuori (non certo la sua specialità), anche quando la mano sembrava fredda, anche dopo diversi errori, anche nei momenti nevralgici della partita, nonché da atletismo e rapidità in difesa, per prendersi cura del miglior tiratore o del palleggiatore quando contava.
Quando c’era lui… Proverò a spiegare in breve, ai tanti appassionati che hanno avuto modo di vedere poco i Nets durante le prime 13 partite della stagione, perché la squadra tirasse tanto, tanto meglio con Caris in campo (68,2 pts on court), sia rispetto alla passata stagione, sia rispetto ai momenti (sempre più rari: 29,7 mpg) in cui il bianconero con il 22 sul petto tirava il fiato in panchina.
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Il gioco era semplice (almeno per chi si limita a guardarlo): consegnato di Allen per Levert dopo aver ricevuto da Russell, roll di Allen in area a bloccare per smarcare al tiro l’implacabile Harris, o lo stesso Russell, che si portava in angolo o eseguiva un riccio completo per uscire dai blocchi sul lato debole. Levert ha di fronte a sé un avversario, uno qualsiasi. I più difficili li affronta ricevendo il blocco per creare vantaggio, ma il più delle volte non c’è bisogno, perché il suo uno contro uno è esaltante, un mix di eleganza e rapidità, potenza di spinta sulle gambe. Gli avversari sono costretti all’aiuto al ferro: se arriva in tempo, c’è lo scarico per uno degli altri tre sul perimetro, nessuno battezzabile (ecco le cresciutissime percentuali dai 7,25 dei Nets rispetto all’anno precedente) oppure l’appoggio per Allen in post up, laddove the fro man è cresciuto tantissimo per senso della posizione e tempismo (non per niente quella con LeVert era la coppia più efficiente, in campo, in tutte le stats offensive). Se l’aiuto non arriva, o arriva in ritardo…auguri: il canestro di Levert è quasi una sentenza.
Cosa succede, ora? Possiamo, intanto, dire con certezza cosa non succede: lo stesso giochino, che tanti frutti ha portato grazie alla buona circolazione ed al terrore instillato da Levert nelle difese, che lasciava metri e decimi preziosi ai tiratori, non può essere messo in atto con Russell lasciato solo in cabina di regia, perché semplicemente non ne possiede il primo passo, ha bisogno del blocco pieno per crearsi il vantaggio necessario, non ha l’esplosività per concludere al ferro ove subisca l’aiuto. Lui ne è consapevole, ecco perché la sua classica penetrazione si arresta ai 4 metri dal ferro, con il palleggio sullo stretto ed il floater mancino con parabola alta a scavalcare la mano protesa del lungo avversario. Per quanto eseguita molto bene ed anche elegante a vedersi, questo tipo di azione non determina alcuna rotazione difensiva e non crea spazi sul perimetro, a meno che Dlo non effettui lo scarico sul lato debole, innescando la rapida circolazione, ma questo succede raramente perché Russell ha l’istinto del finalizzatore. Finora Russell aveva reso molto meglio in qualità di SG, al fianco di Levert e con quest’ultimo at the point, tanto è vero che la sua capacità di fungere da facilitatore dopo il drive di Levert o, ancor più, di finalizzatore direttamente sugli scarichi (40,6%3P, 74,4%3FGMAST) sono state parte integrante dell’esplosione dei Nets dall’arco (prima dell’infortunio finanche al quinto posto nella Lega per percentuali dall’arco).
Come venirne fuori? Difficile dirlo. Levert figurava ufficialmente come SG o swingman (2-3), ma di fatto era la guida della squadra. Ovvio che il nocciolo della questione risieda tra le guardie, da e tra loro dovrà nascere la soluzione. Benché non secondario sia il ragionamento da fare sull’uso dei blocchi, in cui Davis è bravo non da oggi e Allen sembra notevolmente cresciuto. Ma un conto è bloccare per Levert, con quell’attacco uno contro uno, altro è farlo per Russell, che ha, invece, bisogno di un blocco solido e magari anche di due bloccanti (come in effetti si è visto più volte).
Contando anche Napier, il più perimetrale dei quattro, l’unico in grado di avvicinare l’esplosività di Levert sul primo passo è Spencer Dinwiddie, giocatore sicuramente meno talentuoso di Caris, ma capace a sua volta di drive brucianti, pur prediligendo il pick and roll classico o ancor più quello laterale finalizzato alla costruzione del mismatch. Dinwiddie sta viaggiando su rendimenti da sixth man of the year e, in quel di Washinghton, ha messo insieme una prova da career high (25+8) ma, chiamato a gestire la squadra contro i Clippers, ha evidenziato anche i limiti che tuttora ha di fronte, ad esempio, a lunghi capaci di aspettarlo e scivolare (Harrell), così come accadde anche lo scorso anno. Resta, tuttavia, il giocatore più simile a Levert in fase offensiva ed è verosimile e logico, pertanto, puntare sulla capacità di adattamento di SD e, di volta in volta, dosare in modo razionale l’uso delle tre PG disponibili, auspicando due evoluzioni decisive per la stagione:
– il salto di qualità definitivo di Russell, in termini di gestione della palla e consistenza nei momenti clutch;
– la nascita del giusto feeling tra SD e Dlo, finora mai trovato: si tratta della coppia meno efficiente in assoluto (-3,6 +/-, 120,8 DEFRTG con loro due insieme in campo).
Cosa si è visto finora. Una pessima sconfitta interna contro Miami, in cui si è vista una squadra sfiduciata e poco reattiva, sotto shock, ma pesantemente penalizzata dalla concomitante assenza di Allen. La pronta reazione sul parquet capitolino, con le grandi prove di Russell, Dinwiddie e del rientrante Allen, la sconfitta con i Clippers, bruciante, dopo aver dilapidato la doppia cifra di vantaggio conquistata giocando bene per tre quarti. Ma era il solito back to back… Troppe varianti e attenuanti in un campione troppo ristretto di partite per esprimere giudizi, ma qualcosa si è mosso. Russell è cresciuto ulteriormente dall’arco (42,6%), sprazzi di intesa con SD, per lo meno a Washington; Crabbe sembra aver giovato della promozione nello starting five, passando dal 26,9 al 37,5% da 3 punti e mostrandosi volitivo in difesa e, soprattutto, al di là dei numeri, tutti hanno sprigionato una gran voglia di implementare la circolazione perimetrale e di compiere le giuste scelte offensive, attaccando il ferro o tirando in uscia dai blocchi. Allen sta viaggiando alla media di 20+11 dal suo rientro… Sono mancate, nell’unica partita equilibrata delle tre, la sicurezza e l’imprevedibilità di Levert nelle fasi clutch, oltre che le alternative e, diciamocelo, la prontezza nell’adeguarsi alle contromisure avversarie. Ma questa è un’altra storia…
In alternativa, ci sarebbe il ricorso al mercato. Ma quest’ultima opzione non sembra alle viste, poiché il roster è al completo, anche se il mercato appare in pieno fermento e , con Marks, davvero…mai dire mai!
Stay tuned!