Lavoro. Qualità. Concetti. Tracce. Le parole chiave per capire come coach Roberto Riccardi e lo staff della Nazionale Italiana Under 18 femminile abbiano vinto l’Europeo di categoria a Sarajevo sono queste. Forse bisogna aggiungere umiltà, tranquillità, e conoscenza profonda di quello che si fa.
Il giorno dopo il trionfo Riccardi risponde al telefono mentre ancora sta completando il viaggio che lo porta da Sarajevo verso Magenta.
“Dopo qualche anno – dice sereno – è la prima volta che vado in vacanza il 15 luglio. E sono ovviamente contento di parlare di questa vittoria anche se il momento d’oro è delle ragazze e del mio staff che è fantastico. Non sempre il movimento ti riconosce il lavoro che fai e non sempre siamo nelle condizioni di poter esprimere al meglio il lavoro che facciamo quindi oggi è una bellissima giornata“.
Riccardi le dichiarazioni del pre europeo ed anche del durante sembravano indirizzate verso questo oro: ve lo aspettavate o era un modo per spingere le ragazze a migliorarsi sempre di più?
“Non siamo presuntuosi ma sapevamo che questo gruppo rispetto a due anni fa quando vincemmo il bronzo era migliorato molto. Quindi eravamo consapevoli di poter arrivare ad un grande risultato. Abbiamo avuto la possibilità di aggiungere due ragazze più giovani all’interno di un roster molto collaudato e questo ci ha dato grande convinzione. Quindi conoscendo la nostra squadra ed il panorama europeo nel quale andavamo a giocare sapevamo di poterci giocare le nostre chances fino in fondo“.
Quello che ha colpito molto durante le partite è stata la qualità del gioco, la fantasia ma anche la capacità di essere sempre presenti a sè stesse delle ragazze. Come ci siete riusciti?
“Ovviamente lavorando molto. Dando alle giocatrici delle tracce su cui lavorare e dei concetti più che degli schemi prefissati e troppo rigidi e lasciandole libere anzi, chiedendogli di interpretare ogni fase del gioco all’interno di quelli che sono le nostre idee di partenza. Abbiamo chiesto loro di assumersi le responsabilità e che un tiro non preso può essere un problema maggiore di uno preso e sbagliato in certe situazioni. La nostra priorità in attacco è stata sempre attaccare il ferro ma quando questo non è stato possibile abbiamo creato le situazioni per delle alternative“.
Parliamo della finale con l’Ungheria. Loro avevano il 40% da tre e con noi hanno tirato col 25%. Come avete lavorato su questo aspetto?
“Non in maniera spasmodica. Il mio assistente, Giuseppe Piazza, è un mago nel trovare gli antidoti difensivi: in questo caso, per fare un esempio semplice, abbiamo detto alle ragazze che la Dombai – la loro miglior giocatrice – non doveva ricevere negli ultimi 5/6 secondi dell’azione. E loro lo hanno fatto limitandola molto. La non abitudine a giocare partite punto a punto ci ha visto in difficoltà nel terzo quarto quando loro sono tornate ad un punto due volte, ma qui la nostra squadra ha reagito benissimo perchè il fatto che tutte avessero giocato nelle partite precedenti, che tutte sapessero cosa fare, che tutte fossero state protagoniste a rotazione di questa o quella partita ha prodotto grande autostima e fiducia ed è arrivata la vittoria“.
Pur essendo consapevole del valore della sua squadra cosa l’ha sorpresa delle sue giocatrici in questo torneo?
“Due cose. La continuità nella qualità del gioco e nell’intensità. Ed il secondo tempo con la Germania nel quale io e tutto lo staff abbiamo visto le facce delle ragazze. Ci siamo guardati tutti ed abbiamo detto:questa è la faccia giusta. Continuiamo così.E’ stata la chiave del torneo. Ed è stata la faccia che ho rivisto nel momento chiave della finale con l’Ungheria“.
Eduardo Lubrano