Dopo lunga riflessione, ho deciso di vergare il solito resoconto mensile sui Brooklyn Nets, sia pure con l’angoscia nel cuore. Lo faccio nonostante le bocce ferme e lo scenario atroce che ci circonda, per mero senso del dovere di cronaca e commento e, chissà, per regalare qualche minuto di lettura in relax agli appassionati. I Nets, del resto, sono realtà mai banale e scontata: c’è sempre qualcosa da raccontare, qualche scucitura dalla quale trapelano rumors interessanti. Proviamo a fare sintesi e a ragionarci su, se vi va.
Dov’eravamo rimasti? Ci eravamo lasciati, con la scorsa edizione, rimarcando la discontinuità di rendimento di Dinwiddie e soci, emblematica nel mese di febbraio: beh, prima della positività di Rudy Gobert e della sospensione della stagione, i Nets viaggiavano con un bilancio 4-2, a marzo; un record che, però, dice niente sulla tempesta che ha devastato lo spogliatoio e lasciato, dopo il suo passaggio, il cadavere (sportivo) di Kenny Atkinson sul terreno.
2-2, fino al fatidico 7 marzo, dopo la sanguinosa rimonta incompleta a Miami, gettata alle ortiche, o meglio, in tribuna, proprio dal trascinatore Dinwiddie, nel solito, convulso, finale; dopo il clamoroso riscatto a casa Celtics, grazie al one-man-show di un irrefrenabile Caris Levert (cinquantello buono per il career-high), ormai unanimemente riconosciuto come la terza stella del firmamento bianconero; soprattutto, prima dell’agevole trionfo sui derelitti Spurs, dopo la rumorosa débâcle casalinga contro i Grizzlies, una delle peggiori, più insipide e disarmanti prove di impotenza tra i pur non infrequenti “non pervenuti” fatti registrare, in questi quattro anni, dalla ciurma targata Atkinson. Verosimile, decisiva goccia in un vaso già colmo.
Rescissione consensuale, nell’aria da tempo, perché la sua voce non risuonava più categorica nella locker room, nell’interesse di entrambe le parti. Queste, le parole mielose di Sean Marks all’annuncio della decisione, piovuta (inutile nasconderlo) a ciel sereno sul capo di tutti noi, inattesa e sconcertante.
Personali sensazioni: non si è trattato di frasi di circostanza; davvero lo spogliatoio era già ampiamente incrinato nei rapporti con il coach; le star non sono esenti da responsabilità, ma non sono le uniche ad aver sbuffato più o meno apertamente nei confronti della guida tecnica (Dinwiddie, si dice, dopo la sua esclusione in certi finali di gara, ma non escludo che anche qualche altro ex pretoriano, fiutata l’aria, sia saltato sul carro del vincitore); sarà una win-win decision, perché ad Atkinson non mancheranno corteggiatori, mentre i bianconeri, forti delle rinnovate ambizioni, potranno cercare un leader tecnico all’altezza di una corsa al titolo.
Non tornerò sulle mie opinioni: sono convinto che questa dolorosa separazione sia uno di quegli inevitabili growing pains che accompagnano la muta da rivelazione a title contender, per liberare la squadra dall’ingessatura tecnica imposta dalle idee del coach, che troppe volte abbiamo lamentato nel corso di questi anni, ma, su questo, vi rimando alla disamina già pubblicata quando la “salma” era ancora tiepida.
2-0, il record dopo la tempesta e la promozione di Jacque Vaughn ad interim coach. E occorrerà pur dire che, nelle due gare successive, si sono viste molte novità: non rivoluzioni, ma aggiustamenti di puro buon senso, che hanno fruttato due vittorie tanto diverse nella dinamica, quanto unite da un fil rouge tecnico-tattico ben visibile in campo: cambiamenti nello starting five (con Chandler e Jordan promossi titolari) e nell’approccio tattico alle partite (maggior uso dei blocchi lontano dalla palla e schemi per liberare l’uomo in angolo, diverso approccio difensivo del centro, difesa a zona quasi sparita dai radar), alcuni dei quali già da noi auspicati nelle puntate precedenti (in cui, se volete, entro anche nei dettagli). Aggiustamenti di buon senso che, senza snaturare l’identità atkinsoniana, hanno portato i risultati sperati, per quanto, ca va sanz dire, il campione sia troppo esiguo per trarne giudizi definitivi.
La quiete dopo la tempesta. Subito a ruota, come dicevamo e come ormai tutti sapete, il lockdown e la terribile notizia della positività al coronavirus di ben quattro giocatori del roster bianconero, l’unico dei quali ad uscire allo scoperto è stato Kevin Durant. Nulla sull’identikit degli altri tre sfortunati, uno dei quali, a quanto lasciato trapelare sui media, anche sintomatico. Siamo, quindi, entrati in una fase di stupor, come sempre accade quando si vive da vicino una situazione surreale come questa, durante la quale, non avendo più nulla da commentare sul campo, sono fioccate ipotesi più o meno stravaganti sul futuro della franchigia: quali mosse aspettarci in vista della prossima estate?
Fine dell’incubo. Mentre mi accingevo a questo articolo, il sospiro di sollievo: tutti guariti! E tutti sani anche nello staff e nel resto della rosa. Guariti anche i giocatori delle altre squadre: evviva! Di fronte a queste cose, non c’è canotta che tenga!
Rasserenati sul versante sanitario, se possibile, i dibattiti sul futuro dei Brooklyn Nets sono esplosi in modo…virale (perdonatemi, non ho resistito al gioco di parole!).
Infodemia. L’eccesso di informazioni disponibili, talora non verificate alla fonte, è esploso in maniera incontrollata e socialmente pericolosa in parallelo con la pandemia; molto meno pericolosa, se non per l’amor proprio e la credibilità di chi scrive, la ridda di rumors che ha proliferato intorno alla squadra.
Proveremo a selezionarli, facendo riferimento ai siti più credibili: #Netsdaily come insider, poi #RealGM, #TheAthletic e, ovviamente, #ESPN.
Lo diciamo in anticipo: le poche risposte che seguiranno, sono frutto di opinioni e, pertanto, discutibili.
Le domande, invece, quelle sono ormai sulla bocca di tutti: chi sarà in prossimo head coach? Chi finirà sul mercato? Quanto incideranno, nelle scelte, le richieste provenienti dalle star? In quali condizioni torneranno KD e Kyrie Irving?
Quesiti che accendono il dibattito sui social e che sono, tra loro, strettamente interconnessi: dalla salute e dalle preferenze delle due superstar dipenderanno molte delle scelte di costruzione del futuro. Pure la società dovrà adottare una linea e portarla avanti, ma, per intenderci, come si potrà prescindere dal ruolo di Durant nei Nets del 2021, ad esempio, per decidere su quali risorse puntare, chi mettere sul mercato e quali rinforzi andare a cercare?
La voce, forse, più interessante, in proposito, è quella che ipotizza l’uso di KD come 5 tattico, in un’idea molto dinamica, veloce e five out di squadra che suscita qualche perplessità (non sarà sminuita la dirompente potenzialità di un simile fuoriclasse?) ma anche best case scenarios decisamente intriganti (quale centro della Lega sarà mai in grado di competere in tecnica e velocità con KD?). Fosse davvero questo il piano, come potrebbe non tenere conto del parere del giocatore stesso? Come potrebbe non incidere nelle scelte di mercato e del coach del futuro? Questa ipotesi lascerebbe presagire una traiettoria dantoniana (big Mike è in scadenza e il suo nome è stato da più parti associato ai Nets), ma anche un sovrannumero di centri, con l’emergente Claxton e, soprattutto, un DeAndre Jordan che non leverà tanto facilmente le tende da Brooklyn e un Jarrett Allen in odore di ultimo anno di rookie contract.
Diversamente, come logica e insiders suggeriscono, si potrebbe puntare su un coach di altrettanta esperienza e popolarità tra i giocatori e con idee innovative, sì, ma non così estremiste (Tom Thibodeau è dato come papabile per entrambe le franchigie di New York ed è, probabilmente, il più prestigioso dei coach non in attività). In tal caso, si potrebbe immaginare anche uno scenario con Dinwiddie e/o Harris sul mercato (o, come qualcuno suggerisce, perfino Caris Levert), alla ricerca di una terza star già affermata per puntare all in fin dalla ripresa del basket giocato.
Detto che Sean Marks è imprevedibile e cinico al punto giusto da non escludere nessuna pista e saper cogliere le occasioni senza preconcetti; detto che Joe Tsai ha più volte chiarito di essere pronto a pagare la luxury se il fine fosse tale da giustificare i mezzi, provo a dire la mia.
I pronostici e gli auspici di #stillawake. È certo che il prossimo head coach non sarà un emergente, ma un nome di peso, verosimilmente gradito alle stelle della squadra. La mia preferenza va a Thibodeau, di cui sono un estimatore della prima ora per elasticità mentale, polso e attitudine difensiva.
Caris Levert è un prodotto selezionato da Marks e cresciuto in casa, con tutte le stimmate della star del futuro. È giovanissimo, ha personalità da vendere, ulteriori margini di crescita, un contratto relativamente team friendly, può districarsi in più ruoli e, dal suo rientro dopo l’infortunio, ha messo insieme il 41,9% dall’arco, con oltre 24 punti e quasi 5 assist per gara. Vero: è facilmente vittima di traumi, ma i suoi punti deboli, ovvero piedi e caviglie, sono sani da oltre un anno e l’ultimo problema (pollice) è stato piuttosto fortuito. Inoltre, ha mostrato un’invidiabile resilienza ad ogni ritorno dalla convalescenza. Per me, resta.
Gli altri sono tutti potenziale merce di scambio, appetibile per tante squadre e dal peso contrattuale più che sufficiente per sperare di cavarne un giocatore fatto e finito e di caratura tale da essere inquadrato come terzo o quarto violino. Prince e Allen (non a caso i due scivolati in panchina dopo il cambio della guardia) prima di tutti. Con tutto il bene che gli voglio, il mio auspicio, non da oggi, è che, se qualcuno deve fare le valigie (e, vista la situazione salariale, mi pare quantomeno probabile), questo sia proprio the fro: tutti gli altri sono difficilmente rimpiazzabili mentre il sostituto di Allen, come detto, veste già bianconero…
A ruota, Dinwiddie e Joe Harris, fenomenali oggetti del desiderio per un mucchio di squadre (tutte quelle a corto di un superbo sesto uomo o di un fuciliere scelto, per intenderci), ma anche tra i più legati alla maglia. Nessuna sorpresa, tuttavia, se il business dovesse prevalere sui sentimenti.
In sintesi, quella dei Nets è una delle situazioni più fluide ed intriganti dell’intero panorama NBA e merita di essere monitorata anche in tempi di pandemia, non fosse altro per distrarci un pò. Volutamente, invece, eludo il tema, pure caldo, dell’eventuale ritorno in campo entro l’estate, per concludere, in qualche modo, la stagione. Non dico che non sia sportivamente auspicabile ed affascinante, pur sbiadito dalle porte chiuse al pubblico: provate, solo per un attimo, a chiudere gli occhi e immaginare un torneo formato March Madness, in uno scenario come quello di Las Vegas…Gli Stati Uniti, forse il mondo intero, davanti agli schermi ad assistere all’evento più spettacolare, romantico ed irripetibile che la storia dello sport moderno possa mai raccontare!
Peccato si tratti solo di un sogno e sia destinato a rimanere tale: al di là dei problemi legati allo stato di forma dei giocatori dopo tanta inattività, alle situazioni contrattuali, sulle quali si sta ancora cercando un accordo tra il board NBA e la NBPA, o alla formula da trovare per racchiudere in un unico evento la magia dei playoff, la situazione, in America, è troppo grave per poter anche solo intravedere uno spiraglio.
Se apriamo gli occhi, è ancora tempo di lockdown: per le novità, ci sarà sempre #stillawake. Stay tuned!