Per anni, il nostro amico Salvatore Maria Righi, firma di Stadio-Corriere dello sport e poi de L’Unità, ci ha ripetuto, privatamente, che non c’è paragone fra il basket che ha vissuto lui e quello di oggi. Ovvero fra la generazione dei Basile, il suo campione preferito che presto racconteremo per ore e gli Amedeo Della Valle, fra la Fortitudo sua e le scudettabili di oggi. Dialoghi che riguardano in particolare le finali di Reggio Emilia, dal momento che a Reggio abitiamo noi e lui è tra Bologna e Ferrara. Ne parlammo con Max Menetti: “Sembra sempre che il passato sia migliore”.
Già, non è così o lo è solo parzialmente. Se io chiudo gli occhi, avevo 14 anni e impazzivo, fra i tanti, per Jan van Breda Kolff, l’olandese di origine della Virtus Bologna. Tiratore da tre, con la maglia della salute, grande classe, un po’ lento.
Ebbene, io ho sempre tifato diverso, al contrario, contro i più forti e ricchi e all’epoca, metà anni ’80, imperava Dan Peterson con Milano, anche più di adesso. Tempi eroici, gran basket, spettacolo, con Cantù, Varese prima e le altre. Il Banco Roma, le finale di coppa tutte italiane, il basket verso l’una, sulla Rai, papà Vasco preoccupato per i miei orari e prima che me ne andassi di casa e sposassi Silvia Gilioli, sei mesi dopo, mi consigliava: “Et poo mia ciapèr da per tòt, lèsa pèrder quèl. Tòt i sport, tòt, tòt, tòt”.
Tradotto, dal dialetto. “Non puoi prendere dappertutto, lascia perdere qualcosa, non seguire tutti gli sport, tutti, tutti, tutti”.
Nato nel ’71, tre anni dopo Salvatore Righi, è evidente che la nostra generazione si sia innamorata alla pallacanestro con l’Europeo dell’83, con quelle gare e quei personaggi, con quegli allenatori e quelle piazze e poi abbia continuato a rinverdire la passione con nuovi protagonisti. Con l’argento e l’oro di Tanjevic, agli Europei, con gli eroi delle varie piazze, con le coppette, anche diradate, con il bronzo continentale e con l’argento di Atene 2004 di Charlie Recalcati.
Una volta sfoglieremo in senso letterale l’album dei ricordi, stabilendo una classifica dei campionati più belli, anzi, lo faremo con le finali scudetto, per comodità e ai primi posti c’è di sicuro il canestro di Ruben Douglas, l’incantatore di serpenti, che raccontammo per Il Giornale, del secondo tricolore della F scudata, a Milano.
Dunque, il basket è basket, ieri come oggi, diverso ma abbacinante. Il fatto che scriviamo di basket solo qua, ci fa pensare che fosse più bello dove avevamo maggiore visibilità e incidenza.
I primattori di oggi erano già ieri, Luis Scola, l’argentino campione olimpico 2004, e qualcun altro. Il basket è basket, inebriante, soprattutto nei playoff, soprattutto nelle ‘belle’, non tanto nel resto del campionato. Un tempo c’era in palio l’Europa, l’Europa che conta, adesso onestamente c’è in palio poco, la coppa Italia, la supercoppa, la finale. La coppa vera è l’Eurolega e ne parleremo domani.
3 – continua
Vanni Zagnoli